Parenzo, gli scavi riportano alla luce un’imbarcazione di duemila anni fa
PARENZO Dall’Istria una nuova scoperta archeologica va ad arricchire la nostra conoscenza dell’antico Adriatico. Gli studiosi croati hanno rinvenuto un’imbarcazione romana del primo secolo nell’area a terra del porto di Parenzo. Si tratta di uno scafo di tipo “cucito” quanto a tecnica di costruzione, che è stato immediatamente battezzato Porečanka (Parenzana): lungo oltre 5 metri, largo 1,7 e dotata di vela, era probabilmente quello che noi definiremmo un peschereccio, utile però anche per il trasporto merci a livello locale. Il ritrovamento, di cui la stampa croata ha dato notizia qualche giorno fa, risale a un paio di mesi orsono ed è avvenuto nell’ambito di un’indagine archeologica in corso nell’area del porto - oggi interrata - della cittadina istriana, dove erano in programma lavori di ristrutturazione: a comunicare ulteriori dettagli a riguardo sono stati il quotidiano Jutarnji List e poi il Primorski Dnevnik.
«Con questa scoperta il numero delle imbarcazioni “cucite” dell’Adriatico sale a una ventina», spiega l’archeologa Rita Auriemma, commentando la notizia. Tali imbarcazioni si chiamano così perché «le tavole che ne compongono il “guscio”, cioè il fasciame (elemento portante della nave antica che ne determina il profilo e ne assicura la solidità) sono saldate le une alle altre per mezzo di cordame. Questo a sua volta passa attraverso i fori praticati lungo i bordi delle tavole stesse. Gli esemplari noti, databili da età protostorica a età medievale, sono stati individuati lungo le coste occidentali e orientali dell’Adriatico ma anche nelle lagune e nei letti dei fiumi».
Adesso la “Parenzana”, ritrovata in buono stato di conservazione, dovrà subire un processo di desalinizzazione: per questo, una volta ultimata l’estrazione, sarà spostata in un’apposita vasca nel deposito del Museo di Parenzo, dove rimarrà per qualche anno. In seguito sarà restaurata e poi esposta nelle sale museali. L’importanza della scoperta consiste innanzitutto nel confermare un fatto ormai chiaro tra gli archeologi: «Esiste una tradizione adriatica di costruzione navale – prosegue Auriemma – affermatasi probabilmente anche per rispondere a esigenze di navigazione in acque basse, interne o paralitoranee, lagunari e fluviali. Tale tradizione persiste come tratto distintivo per oltre due millenni. Le ultime ricerche - condotte in particolare dai colleghi croati del Museo di Pola, della Soprintendenza dell’Istria e dell’Università di Zara in collaborazione con il Centre Cnrs Camille Jullian di Aix-en-Provence - hanno identificato per le imbarcazioni cucite due tipi di tradizioni “cantieristiche” presenti nell’area adriatica: quella di tradizione romano-illirica e quella dell’area romano-padana».
«Quando saranno state studiate in dettaglio le particolarità di tecnica costruttiva, la forma dei fori, le caratteristiche delle legature e dell’assemblaggio - prosegue Auriemma - sapremo a quale delle due tradizioni va ascritta la barca di Parenzo. Si tratta di un altro prezioso tassello che aiuta a comprendere il dinamismo di queste terre di mare e a ridisegnare il profilo costiero antico. Altre due navi cucite interrite (ovvero “intrappolate” nei sedimenti a causa dell’avanzamento della linea di costa) sono state scoperte nell’antica area portuale di Pola e datate tra I e III secolo. Immaginate quindi com’erano diversi i porti dell’Istria romana».
Tra i precedenti si può ricordare inoltre l’imbarcazione di Zambrattia (Zambratija, vicino a punta Salvore): «Risale all’età del Bronzo e costituisce l’esempio più antico di un’imbarcazione completamente cucita nel Mediterraneo; in ogni caso è il relitto più antico dell’Adriatico – conclude l’esperta –. Ma gli esempi sono tanti. Nei primi anni 2000 pezzi d’imbarcazione risalenti all’età romana sono stati rinvenuti nel Canale Anfora di Aquileia, la via d’acqua che collegava il grande terminal alla laguna di Marano». —
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