Operai disperati: «Senza la Eaton siamo sull’orlo del baratro»

Dai coniugi lavoratori al giovane con quattro bambini: volti e storie di famiglie colpite dall’improvvisa chiusura della fabbrica
Bonaventura Monfalcone-13.01.2018 Inizio presidio Eaton-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-13.01.2018 Inizio presidio Eaton-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

MONFALCONE «Nostro figlio di 13 anni ci ha sentiti discutere sulla chiusura dello stabilimento. È andato a prendere il suo salvadanaio e ce lo ha consegnato». A Ruggero Versace, 54 anni, gli sale il groppo del pianto in gola. Vicino a lui la moglie Elisabetta Cicerale, 52 anni. Lui ha alle spalle 22 anni di lavoro alla Eaton, di cui due alle dipendenze di una ditta di pulizie. Era alla raddrizzatura delle valvole, all’inizio della catena produttiva. Lei, invece, la catena la chiudeva, al reparto opposto, addetta al collaudo finale.



Hanno due figli. «Il maggiore ha 28 anni, con la sua famiglia è emigrato in Germania. Fino a un anno fa era con noi, non aveva lavoro», raccontano. La coppia ora ha il figlio minore a cui pensare. «Sì, abbiamo aspettato 15 anni per poter avere turni diversi e occuparci del piccolo», dice Elisabetta. Come gli altri colleghi, sono radunati nel piazzale esterno della Eaton, in attesa di iniziare l’assemblea convocata dai sindacati. L’altro giorno l’atmosfera era gravida di interrogativi, all’indomani dell’annuncio circa la chiusura dello stabilimento. Un’aria più che funerea.

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Bonaventura Monfalcone-12.01.2018 Chiusura Eaton-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura


Quando Ruggero racconta del suo piccolo che ha consegnato loro il suo salvadanaio, non riesce a trattenere il singulto. «È un’età delicata, non è facile, dobbiamo gestire la situazione con il necessario equilibrio». Moglie e marito rimasti senza lavoro. «È un disastro – continua Ruggero –. Abbiamo i mutui della casa da pagare. Tanti sacrifici per potercela permettere. Certo è che, se non si troverà una soluzione, andrà a finire che dovremo venderla. E iniziare a tagliare le spese, anche per il bambino. Siamo avviliti. Vogliamo il lavoro. O ci sarà un altro lavoro oppure è la fine». Ruggero incespica nelle parole. «Mi sento scassato, qui si perde tutto ciò che abbiamo fatto e costruito». Spiega della sua invalidità «per un infortunio subito in fabbrica». E aggiunge: «Non abbiamo neppure una rete familiare di appoggio. Io ho la mamma anziana e lei non ha nessuno».

Raccontano, mentre il terreno viene a mancare sotto i piedi. «È una mazzata questa roba – aggiunge Elisabetta –. È stato come l’ultimo ossigeno prima di staccare la spina. Che faremo? Starò a casa a far torte...», la butta lì a mò di amara battuta. Non credono proprio in un cambio di rotta da parte dell’azienda. «Questa volta è stata troppo drastica la cosa – osserva Ruggero –. Giovedì avevo finito di lavorare, un dirigente nel salutarmi mi ha detto: “Fai bene che lunedì partiamo alla grande”, in vista della riunione in Confindustria. Nove anni fa c’era la “cassa”, questa volta? Nulla». Ruggero torna al passato: «Nove anni fa non era certo facile, dentro e fuori dalla fabbrica, tra una “cassa” e l’altra. Poi le mobilità, gli interinali... e il duro lavoro, uno stress correlato. Ma si andava avanti, stringevamo i denti. Ora i macchinari sono lì, in fabbrica. Li porteranno via...».

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Bonaventura Monfalcone-13.01.2018 Inizio presidio Eaton-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura


Francesco Correra, di anni, ne ha 34 anni e, di figli, quattro. La moglie non lavora. Tre anni da interinale: «Ci avevano spiegato, a noi, i più anziani. Eravamo strutturali, dicevano, che ci avrebbero fatto il contratto. Il 31 dicembre scorso ci hanno buttato fuori. Ci hanno consegnato i vestiti da lavoro e il panettone... Mi sono rivolto anche all’Agenzia del lavoro. Mi hanno detto che sono “vecchiotto”. Chi mi prende? Come mantengo la mia famiglia?».

Livia Zorzet, 59 anni, collaudatrice, è categorica: «Per me è chiuso e basta. Non ci daranno neppure la “cassa” che ci spetta... Mi sono appena divorziata, la mia auto ha 20 anni. Per me significa solo piangere. Ho un figlio, fortunatamente lavora, lo aiuto come posso, seguo i miei nipoti». Lo vuole dire: «Non dò la colpa alla Eaton, il problema è il sistema italiano che non funziona. Di destra o sinistra che sia. Ditemi chi non porta via le aziende fuori dall’Italia, visti i costi, i contributi per i lavoratori? Ho avuto anch’io dei dipendenti, capisco i datori di lavoro, come i lavoratori».

Stefano, 39 anni e 17 alla Eaton, si limita a osservare: «Mi hanno tolto metà della vita».

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