Oltre 500 in piazza contro la serrata di teatri e cinema a Trieste: «Sono luoghi sicuri»

Nel capoluogo giuliano, come in altre città italiane, la protesta del mondo dello spettacolo. Le sigle confederali: «Di cultura si mangia»
Foto BRUNI Trieste 30.10.2020 P.zza Unità:manifestano i lavoratori dello spettacolo
Foto BRUNI Trieste 30.10.2020 P.zza Unità:manifestano i lavoratori dello spettacolo

TRIESTE. Oltre cinquecento persone ieri mattina in piazza dell’Unità a Trieste hanno protestato contro la serrata di cinema e teatri decisa dal Dpcm del 25 ottobre. La manifestazione, indetta a livello regionale da Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom, ha avuto luogo contemporaneamente nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia come in altre città italiane e ha visto l’adesione di Assolirica. C’erano tecnici e operatori dell’indotto che ruota attorno allo spettacolo ma anche musicisti, attori e figure dirigenziali del settore del territorio.

Un’occasione trasversale dal momento che in segno di solidarietà nei confronti di questi lavoratori erano presenti gli assessori del Comune di Trieste Giorgio Rossi (Cultura) e Serena Tonel (Attività economiche), municipio che è guidato dal centrodestra, così come esponenti locali del Pd (una richiesta di «maggiori tutele per i lavoratori dello spettacolo» arriva dai dem Giovanni Barbo e Marco Toncelli), della Lega, della lista civica del sindaco Roberto Dipiazza e del Patto per l’Autonomia, il quale proprio la sera prima in Consiglio regionale si era visto approvare un ordine del giorno di sostegno agli addetti del comparto.

Un piccolo gruppo di sinistra radicale, ieri, ha annunciato una manifestazione per giovedì sera in piazza Goldoni contro i Dpcm; ha portato inoltre in piazza i propri striscioni l’Assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori dello spettacolo Fvg, che a sua volta si era già mobilitata sul tema da subito dopo il lockdown primaverile, alle parole d’ordine di «Reddito, salute, sicurezza, libertà».

«Di cultura si mangia» è invece lo slogan scelto dai sindacati confederali. «Siamo consapevoli della crescita delle infezioni ma chiudere cinema e teatri è stato un errore, perché questi luoghi avevano garantito misure contro i contagi e di protezione della salute di pubblico e lavoratori», hanno detto i segretari regionali Riccardo Uccheddu (Slc), Massimo Albanesi (Fistel) e Gunther Suban (Uilcom): «Chiediamo un rafforzamento dei sostegni al settore, in primis degli ammortizzatori sociali, nonché scelte capaci di garantire al comparto reali prospettive di rilancio a partire dal ripristino dell’operatività di teatri e sale: luoghi, questi, che si sono rivelati sicuri. I dati Anec sulla gestione delle misure anti-Covid dopo la riapertura delle sale cinematografiche dicono infatti che dal 15 giugno al 10 ottobre, su un totale di 347 mila spettatori registrati e tracciati all’ingresso, si è verificato solo un contagio».

Da qui la protesta di «un settore per l’ennesima volta trattato come l’ultima ruota del carro – hanno proseguito i rappresentanti delle sigle di categoria –, sacrificabile sull’altare dell’emergenza sanitaria senza una reale comparazione dei rischi effettivi sotto il profilo sanitario a fronte dell’impatto devastante di questo nuovo stop sul comparto. E che delusione il ministro di Turismo e Spettacolo Dario Franceschini, da cui ci saremmo aspettati parole a difesa del settore».

Così l’assessore comunale Rossi: «Esprimiamo solidarietà a un mondo che non si è mai lamentato ma che ha sempre lavorato in silenzio, spinto da passione, facendo grandi sforzi per raggiungere determinati traguardi. E che merita rispetto. Oltre agli artisti ci sono elettricisti, tecnici, coloro che fanno le pulizie nonché le loro famiglie. Oggi c’è un clima di incertezza. Mi auguro che non chiuda tutto. Cerchiamo di tenere duro, usando autodisciplina in altre realtà più esposte e sperando nel vaccino».

Tra i volti del mondo della cultura si sono visti il sovrintendente del Teatro Verdi Stefano Pace, il direttore artistico del Rossetti Franco Però, esponenti del Teatro Sloveno, artisti quali Alessandro Mizzi o Maria Grazia Plos. E così via. 

 

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