Occhio al nuovo zar Putin adesso si riprende l’ex Urss

Tra saggio e reportage Sergio Canciani spiega cosa succede dopo la Crimea
Di Pietro Spirito

di Pietro Spirito

«Un futuro anche molto prossimo dirà se Putin oltre che un politico tracotante è anche un condottiero fortunato, “essendo la fortuna arbitra della metà delle azioni nostre”». Cita Machiavelli, . Sergio Canciani, per far capire meglio luci e ombre del nuovo zar Vladimir Putin, l’uomo più spregiudicato, abile ed enigmatico - come l’ex impero che si trova a guidare -, con cui la Storia - e l’Occidente - stia facendo i conti. Soprattutto dopo l’annessione della Crimea, punto d’arrivo di una strategia che arriva da lontano, da più di un decennio. Da quando Putin, «asceso al Cremlino all’inizio del 2000 dopo la sbalorditiva abdicazione di Eltsin», si pose l’obiettivo di restituire alla Russia il ruolo di protagonista nello scacchiere mondiale, ruolo tramontato con il crollo dell’Unione Sovietica, puntando a rioccupare, su scala appena più ridotta, in confini che furono dell’Unione Sovietica.

Già, ma come riportare l’orso russo a bramire contro l’Occidente, in un paese dove corruzione e affari delle nuove oligarchie la fanno da padroni, dove girano tanti soldi ma la democrazia si è rivelata un’illusione, la rivoluzione postcomunista non ha portato nuove libertà mentre i giovani globalizzati non hanno più paura di dire ciò che pensano? In “Putin e il neozarismo - Dal crollo dell’Urss alla conquista della Crimea” (Castelvecchi, pagg. 190, euro 17,50), da oggi in libreria, Sergio Canciani prova a dare una risposta a questa domanda a partire dalla crisi in Ucraina. «Quando perde l’Ucraina, la Russia perde la testa» diceva Lenin «prefigurando tragedie nazionali qualora “la grande sorella dell’Oltredon” cambiasse padrone», cosa del resto accaduta infinite volte nel corso della storia, ricorda Canciani. E il timore di Lenin, spiega il giornalista triestino, è anche quello di Putin, il quale, «di fronte alla prospettiva di perdere il fianco occidentale del suo schema di sicurezza strategica (...) ha mosso con la velocità di un piccolo Napoleone conquistando una casella che controllava già: la Crimea». E questo è solo il primo passo, spiega Canciani, perché il “modello Crimea” sta già avanzando a velocità variabile in altri territori, come la piccola Transnistria, nei Subcarpazi, in Estonia, Lituania, Lettonia. Intanto, il primo colpo a sud è andato a buon fine. E l’Occidente? Come al solito, dice Canciani, capisce poco di quello che sta realmente accadendo, anche se negli Stati Uniti i militari stanno già riesumando i vecchi corsi di strategia anti-sovietica finiti in soffitta. Ma, come sempre, è la Storia che va interrogata per capire il presente, e il passato dell’arcipelago Russia è piuttosto complesso e intricato. Tra il saggio, il reportage e il memoir Canciani ripercorre così le tappe principali della storia russa, concentrandosi sì sull’ascesa di Putin, ma senza tralasciare incursioni in anni più lontani, specie là dove i fatti hanno valore emblematico. Come quando, citando la carica di Balaklava nella guerra di Crimea del 1854, l’autore sottolinea che «i conti irrisolti della Storia si ripresentano, inesorabili», proprio dove «l’umanesimo europeo si incontra e si scontra con il dispotismo russo-asiatico». Intanto, mentre Putin si appresta a investire 600 miliardi di euro per la «nuova dottrina militare» che prevede un potenziamento e ammodernamento della flotta e delle forze aeree, gli antichi e bellicosi cosacchi sono tornati a essere una forza attiva combattente e non più una formazione poco più che folcloristica.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo