Negozi in Fvg, le chiusure festive salgono a 10

TRIESTE. Le nove chiusure festive diventano dieci. La discussione sulla legge del commercio è ripresa ieri e la maggioranza ha accolto l'emendamento con cui Luca Ciriani (Fdi) ha proposto di aggiungere il 1° novembre alle altre giornate in cui le attività commerciali del Fvg dovranno tenere le serrande abbassate: 1° gennaio, Pasqua, lunedì dell'Angelo, 25 aprile, 1° maggio, 2 giugno, 15 agosto, 25 e 26 dicembre. Una sola eccezione possibile, derivante dalla seconda novità di giornata: la decisione della giunta di ampliare il numero potenziale delle località "a prevalente economia turistica", rispetto a quelle attuali di Grado e Lignano. Se accettata, la domanda alla Regione permetterà ai Comuni richiedenti di applicare la liberalizzazione totale del commercio sul proprio territorio, senza vincoli di giornata e orario.
Resta invece confermato il rinvio all'autunno del ragionamento sulle chiusure domenicali, col ritiro da parte della maggioranza dell'ipotesi di almeno dieci turni di riposo. Una decisione che la relatrice di maggioranza, Renata Bagatin (Pd), deve aver incassato malvolentieri: «L'Italia è l'unico Paese europeo con una deregolamentazione totale, che consente di tenere i negozi aperti 24 ore su 24, 7 giorni su 7. È necessario mettere mano alla questione, ma ci limitiamo per ora alle chiusure festive, non essendo stato possibile trovare un'intesa con l'opposizione sulle domeniche». Il passaggio è sottolineato polemicamente da Ciriani: «Nella maggioranza erano in pochi a crederci: bisognava andare fino in fondo, senza fare annunci e poi rimandare». L'assessore al Commercio, Sergio Bolzonello, respinge le critiche: «La giunta non ha creato illusioni: la nostra è una legge sulle chiusure nelle festività e tale rimane. Abbiamo lasciato all'aula i ragionamenti sulle domeniche e la maggioranza ha preferito attendere l'eventuale impugnativa del governo sulle festività, tornando sul tema delle domeniche in autunno», quando andrà in discussione la legge di riordino del terziario.
Il rinvio semina delusione nella Confcommercio regionale. Il presidente Alberto Marchiori ricorda che la «direttiva europea non detta regole su orari e aperture dei negozi. La non decisione va dunque interpretata come scelta politica di non intervenire a tutela di imprese e lavoratori». La replica di Bagatin non si fa attendere: «Le risposte devono arrivare dalla politica nazionale, su cui stiamo facendo pressione per arrivare a risposte chiare».
Di contro, la dilazione sulle domeniche non placa l'opposizione dei grandi punti vendita, che parlano di «legge illiberale, demagogica e anticostituzionale, visto che Consulta e Tar hanno chiarito che la materia è di esclusiva pertinenza statale. Si profilano ricorsi e una fase di confusione normativa che penalizzerà consumatori e imprese».
La bordata è di Fabrizio Cicero, delegato Federdistribuzione, per il quale «le dieci festività di chiusura obbligatoria non danno possibilità di scelta all'imprenditore, come stabilito dalla normativa nazionale. È illogico limitare la liberalizzazione, che ha comportato maggiori salari e occupazione, che ora verranno messi a rischio».
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