Negozi aperti nei festivi: asse Roma-Trieste per fermare il “Far West”

La giunta sposa la linea del governo e accelera sulle serrate domenicali. Ma il ritorno dei limiti divide la categoria. E il capoluogo reclama deroghe ad hoc

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TRIESTE La polemica sulle chiusure domenicali dei negozi torna ad infiammare gli animi. Eppure, in Friuli Venezia Giulia, il caso sembrava archiviato dal maggio 2017, da quando cioè, accogliendo il ricorso di Federdistribuzione, la Corte costituzionale aveva bocciato la legge regionale voluta dall’allora assessore alle Attività produttive, Sergio Bolzonello, che imponeva lo stop all’attività dei negozi in dieci giornate festive. Una bocciatura arrivata per difetto di competenza della Regione in un campo, quello del commercio, ritenuto materia esclusiva dello Stato.

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Fallito quel tentativo di mettere dei paletti, in Fvg è tornato il “Far West” delle aperture festive, una situazione cioè di completa deregulation che consente di tenere insegne accese e serrande alzate in ogni momento dell’anno. Un quadro che, però, potrebbe rapidamente e radicalmente cambiare per iniziativa del governo gialloverde. La proposta di legge che ha messo d’accordo Lega e M5s fissa infatti un tetto massimo di aperture domenicali - 26 su un totale di 52 annue -, e prevede la possibilità di lavorare in 4 giorni festivi su 12. Limitazioni che interesserebbero pure l’e-commerce visto lo stop alle consegne domenicali per gli acquisti online.

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Pesanti le sanzioni previste per i trasgressori. Le sanzioni amministrative vanno infatti da un minimo di 10 mila a un massimo 60 mila euro. Cifre destinate a raddoppiare in caso di recidività.



La riforma prevede però delle deroghe per centri storici e località turistiche ma saranno le Regioni, d’intesa con le amministrazioni comunali, a stilarne l’elenco. Solo quattro, in tutto il Fvg, le città turistiche individuate in passato dalla legge Bolzonello: Grado, Lignano Sabbiadoro, Tarvisio e Trieste. Esclusa invece, per esempio, Palmanova, con il conseguente obbligo per l’Outlet Village (da sempre uno dei più acerrimi nemici delle chiusure festive) di limitare le aperture durante l’anno.

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Una prospettiva che l’assessore regionale alle Attività produttive, Sergio Bini, vede di buon occhio. «Mi sembra che la proposta avanzata sia di buon senso e condivisibile, perché in linea con gli interessi di tutti gli stakeholders coinvolti, inclusi i lavoratori. È una proposta seria, di buon equilibrio. Non si può pensare solo alla grande distribuzione - sottolinea -. Vanno considerate anche le esigenze dei piccoli rivenditori al dettaglio che potrebbero trovare un aiuto in questa proposta».

La proposta del governo, però, mette già in agitazione la grande distribuzione, pronti ad avviare ricorsi e battaglie legali, e divide pure gli animi in casa Confcommercio: Udine è d’accordo con il tetto, Trieste invece non ne vuole sapere. «Sono sempre stato favorevole ad una forma di equilibrio - spiega l’udinese Giovanni Da Pozzo, a capo anche dell’associazione regionale -, che tenga conto delle esigenze di tutti. Finora c’è stato disequilibrio, a sfavore dei più piccoli. Non credo ai proclami della grande distribuzione che minaccia la perdita di un elevato numero di posti di lavoro e a perdite consistenti, - dichiara Da Pozzo - il portafoglio del consumatore resta quello, il potere di acquisto di una persona non varia a seconda delle aperture domenicali. Basta guardare come si regolano realtà come l'Austria dove la domenica i negozi restano chiusi». In 16 dei 28 Stati dell’Ue non è presente alcuna limitazione di orario o apertura. Germania e Francia applicano divieti per quasi tutte le attività commerciali nei giorni festivi. In Austria restano chiusi, tranne che nelle zone turistiche. «E a Trieste la vocazione turistica è evidente - valuta Antonio Paoletti, presidente di Confcommercio Trieste -. Se la proposta dovesse trasformarsi in legge, è corretto goda nuovamente di una deroga. Abbiamo fatto tanta fatica ad abituare clienti d’oltreconfine, residenti e turisti alle aperture festive. Non avrebbe davvero senso fare un passo indietro proprio adesso». —


 

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