Museo di storia naturale di Trieste: lo squalo attende la sua sala
Dov’è finito il grande squalo bianco del Civico museo di storia naturale, rimodellato e riallestito a spese della Provincia che in cambio lo ha avuto in prestito dal Comune per esporlo, un paio di mesi fa, nella mostra “Acqua, identità di un territorio”? Il Carcharodon carcharias - pescato nel 1906 nel golfo del Quarnero, il più grande esemplare naturalizzato in pelle conservato in Europa - è tornato nella sua sede. Ed è già definitivamente collocato in quella che sarà la “sua” sala. Di nuovo non è visibile al pubblico, però: lo spazio che lo ospita, al secondo piano di via dei Tominz, si può vedere «solo su richiesta di gruppi, di studiosi o per visite guidate», dice il direttore dei Civici musei scientifici Nicola Bressi. Perché rientra nelle sale al cui allestimento si sta lavorando. «Puntiamo a esporre lo squalo il prima possibile: se siamo fortunati entro la stagione estiva, altrimenti prima della prossima Barcolana». Dipenderà dai fondi comunali disponibili. Perché il buon allestimento di una sala richiede all’incirca 20mila euro (con 50mila si otterrebbe un risultato ideale, precisa Bressi), e prima di arrivare allo spazio dedicato allo squalo ce ne sono altri da sistemare.
Il Carcharodon sarà comunque la star della sala a lui dedicata. Aprirà la sezione dedicata al mare. Quel che è certo, racconta ancora Bressi, è che il grande squalo bianco sarà una delle tre principali attrazioni del Museo accanto al dinosauro Antonio e alla “mandibola di Lonche”, il teschio la cui analisi effettuata da due studiosi del Centro di fisica teorica di Miramare ha svelato qualche tempo fa l’unicità: un dente canino di quel reperto di età neolitica porta quello che si ritiene a oggi essere il più antico esempio di otturazione mai scoperto.
Se questo è l’obiettivo cui punta Bressi per l’anno prossimo, già nel 2013, malgrado la collocazione decisamente periferica e nel tempo oggetto di polemiche, il numero dei visitatori è stato buono: più di 9mila a tutto novembre. Resta la questione degli spazi: rispetto a quella storica di piazza Hortis, anche per le moderne norme di sicurezza che impongono misure precise la nuova sede di via dei Tominz ha uno spazio utile di 700 metri quadrati in meno. Dei due milioni di reperti il museo - che dispone anche di una biblioteca per 5 chilometri lineari di scaffalature - ne espone una minima parte. E dunque, nel progetto globale di ristrutturazione dell’enorme area di via Cumano, «se ce ne fosse la possibilità noi opzioneremo subito la palazzina Comando», conclude il direttore. (p.b.)
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