Morto Andreino Antonini “signore dei libri”: una vita di cultura in mezzo a scaffali e foto

Lo storico libraio aveva 91 anni. Esule da Buie d’Istria aveva documentato il 26 ottobre 1954 il ritorno di Trieste all’Italia 
Bumbaca Gorizia 26.03.2009 Andreino Antonini - Foto di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 26.03.2009 Andreino Antonini - Foto di Pierluigi Bumbaca

GORIZIA Andreino Antonini avrebbe compiuto 91 anni il 2 febbraio. Con la sua morte si chiude un’epoca, si chiude, letteralmente, quello che può essere definito un importante capitolo della storia commerciale e culturale di Gorizia. Esule istriano e capostipite di una nota e numerosa famiglia, nel 1969 aveva aperto in via Mazzini la cartolibreria che portava il suo nome. Poi nel 1989 aveva deciso di raddoppiare e aveva inaugurato il negozio di corso Italia. Oltre che per la letteratura e per i saggi, per una lunga stagione, le librerie Antonini sono state il vero e proprio punto di riferimento cittadino per l’acquisto dei volumi scolastici. Ai locali di via Mazzini e del corso, si sono rivolte generazioni di studenti goriziani e non soltanto. I libri erano la passione di Andreino, ma non l’unica e, anche se ai più era noto come libraio, Antonini ha vissuto sulla sua pelle momenti importanti della storia della Venezia Giulia. Ne è stato testimone diretto.

Originario di Buie d’Istria, come tanti esuli istriani, fiumani e dalmati, aveva dovuto lasciare la sua terra e raggiungere Trieste con la famiglia, per poi stabilirsi definitivamente a Gorizia. Prima di entrare nel mondo del commercio librario, aveva però lavorato sulle navi passeggeri in rotta per le Americhe come fotografo professionista e come ricorda il genero Leopoldo Leban, quando poteva, sbarcava. «Era giovane e curioso e andava a scoprire quello che il mondo aveva da offrire. Al ritorno portava ai figli giocattoli che qui non si trovavano ancora. Non a caso, all’inizio il negozio di via Mazzini aveva oggetti particolari che lui trovava in giro per il mondo».

Antonini aveva lavorato anche come fotoreporter per l’agenzia “Giornalfoto”. Tra le altre avventure, come fotografo, il 26 ottobre 1954 in occasione del ritorno di Trieste all’Italia, finito il Governo militare alleato, aveva “coperto” insieme a Gianfranco Cragnolin, Giorgio Gherbavaz, Bruno Cisilin e Renato Goina l’ingresso in città delle autocolonne militari italiane. Come raccontato da Claudio Erné in occasione del sessantesimo anniversario di quell’evento, la squadra di operatori schierata dai titolari Manlio Granbassi e Renato Goina avrebbe dovuto riprendere l’arrivo delle truppe da diversi punti di vista stabiliti precedentemente a tavolino. La copertura dell’avvenimento avrebbe dovuto essere totale, ma l’entusiasmo della folla mandò all’aria tutti i piani prestabiliti e ogni fotografo dovette improvvisare. A differenza di oggi, che con il digitale il potenziale di immagini è teoricamente infinito, allora il numero di scatti era limitato. Il mondo di quel giornalismo era ancora eroico.

Positivo al coronavirus, Antonini si è spento giovedì sera San Giovanni di Dio. Era stato ricoverato all’ospedale di via Fatebenefratelli dopo Natale a causa dell’aggravarsi di un’infezione. «Come sanno tutte le persone che in questi mesi hanno avuto qualche caro ricoverato – ricordano i familiari –, non ci è stato possibile vederlo e assisterlo, ma dall’ospedale ci chiamavano due volte al giorno per aggiornarci sulle sue condizioni di salute e questa gentilezza è stata apprezzatissima».

Sposato con Amelia – deceduta nel 1987 –, Antonini lascia cinque figli: Loredana, Manlio, Marco, Andreina e Tiziana.

La data del funerale deve essere ancora fissata. –


 

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