«Mica rivogliamo Fiume», ma la statua si svela tra le polemiche
TRIESTE. L’inaugurazione della statua di Gabriele D’Annunzio in piazza della Borsa trascina Trieste al centro di un duro caso diplomatico tra la vicina Croazia e l’Italia. Le autorità di Zagabria hanno letto infatti le celebrazioni di ieri come un’ode all’imperialismo italiano.
In effetti nella cronaca di giornata, fra tricolori e “italianità”, la figura del letterato e quella del milite nazionalista non si distinguono (come spesso accade con D’Annunzio). Vi si aggiunge poi la scelta della data, l’anniversario dell’ingresso a Fiume.
Questi i fatti. Nella notte l’opera dello scultore Alessandro Verdi attende l’inaugurazione avvolta in un fascio di plastica e polistirolo, guardata a vista da un servizio di sicurezza privato, assoldato per essere presente in caso di contestazioni, non pervenute. In mattinata la statua viene coperta con un drappo blu corredato dal tricolore italiano.
Alle 12 arrivano sul posto il sindaco Roberto Dipiazza, accompagnato dall’assessore alla Cultura Giorgio Rossi e dal direttore del Vittoriale degli italiani Giordano Bruno Guerri, anima assieme alla giunta cittadina delle iniziative per il 1919-2019. All’inaugurazione partecipano decine di persone. Molto presenti i media croati, ma ci sono anche esponenti dell’Associazione nazionale Arditi d’Italia, sulle cui maglie figura la scritta “Fiume o morte”.
Al pubblico e ai media il sindaco Dipiazza spiega il suo punto di vista: «Per me D’Annunzio era un grandissimo italiano e una sua statua a Trieste ci sta. Poi si può parlare del 1919 e della storia, ma storia è. Mi fa ridere chi pensa che per questo vogliamo riprenderci Fiume. Abbiamo avuto un Novecento drammatico, abbiamo fatto di tutto per superarlo, penso al Concerto dei tre presidenti, e penso vivremo sempre in pace. Le polemiche mi sembrano incredibili: da sindaco non vedo perché non dovrei omaggiare un grande italiano che ha scuole e piazze dedicate in tutta Italia, Trieste inclusa».
L’assessore Rossi pone l’accento sugli aspetti libertari dell’esperienza fiumana: «Mi ha colpito D’Annunzio per la Carta del Carnaro, che rappresenta situazioni che allora erano lontane, come la parità dei sessi, la libertà religiosa, il valore e la condizione della donna, trattando argomenti che noi non abbiamo ancora risolto». E ancora: «A chi polemizza dico che devono prevalere i nostri valori rispetto ai difetti, per guardare con ottimismo al Paese e rispondere alle nuove generazioni».
Secondo Rossi «la figura di d’Annunzio è una figura di libertà, di prospettiva e dev’essere l’augurio non solo per il nostro Paese ma per la nostra città che al centro dell’Europa ha prospettive inimmaginabili rispetto ad anni fa».
Ai relatori si aggiunge l’assessore all’Istruzione Angela Brandi: «Non c’è celebrazione migliore della statua di D’Annunzio a Trieste - afferma - perché egli fu il realizzatore, almeno per 16 mesi, di una grande utopia, quella di costruire una città ideale ma soprattutto una città, Fiume, italiana». E il direttore del Vittoriale Guerri dichiara: «Oggi Trieste si arricchisce di una bellezza nuova, perché nessuno parla della qualità dell’opera, fatta da un grande scultore. È un capolavoro. Non è una statua polemica, qui D’Annunzio legge, è un uomo di pace». Guerri rivendica poi la liceità di una statua triestina: «Trieste e Trento erano le due città da liberare, da conquistare per terminare l’unità d’Italia. D’Annunzio è stato il capo dell’Irredentismo e una sua statua qui ha un senso logico». Al contempo Guerri rigetta una lettura “imperialista” delle celebrazioni: «Il sindaco ricorda quando abbiamo alzato sul Vittoriale le bandiere di Venezia, Trento, Trieste e Fiume al Vittoriale, come ai tempi di D’Annunzio. La bandiera di Fiume che abbiamo scelto è quella odierna, non quella del 19-20, proprio perché riconosciamo il corso della storia e non c’è alcun intento aggressivo. Finito il centenario queste polemiche cesseranno». —
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