Mauro Giacca lascia Trieste per Londra: «Continuerò a riparare il cuore»
TRIESTE. L’assenza di massa critica e la difficoltà nell’aggregare menti eccellenti a Trieste, come in Italia, per non parlare della mancanza di risorse economiche, alla fine lo hanno spinto ad accettare la proposta: Mauro Giacca, direttore generale del Centro internazionale di ingegneria genetica e biotecnologie (Icgeb) se ne va al King’s college di Londra. Il luminare triestino, 59 anni, andrà a dirigere nella Scuola di Medicina Cardiovascolare un gruppo di ricercatori e continuerà il lavoro di una vita: cercare di “riparare” il cuore. Cervello in fuga? No, un «cervello internazionale» si definisce, che vuole comunque mantenere un legame con Trieste. Il capoluogo giuliano perde un tassello importante. E questo forse perché ci sono ancora passi da gigante da compiere. Tra i tanti, secondo lo stesso direttore uscente, il fatto che «non c’è la percezione di come la città possa trarre vantaggio da tutta questa ricerca eccellente». E allora mosso anche da quella «passione romantica per la ricerca», più forte di quella manageriale che lo ha coinvolto per 60 viaggi in giro nel mondo solo nel 2017, lo ha spinto a dire sì: Uk, arrivo.
Quando ha iniziato il percorso in Icgeb?
Nel 1988: sono stato il primo ricercatore assunto dall’organizzazione e ho percorso tutti gli step da contrattista fino a diventare direttore generale a tempo pieno, cosa non compatibile con il lavoro di ricercatore.
Perché andarsene da Trieste e dall’Italia?
Il livello della ricerca che posso fare qui a Trieste nel campo delle malattie cardiovascolari non ha nulla da invidiare a quella che si fa nei posti al top com’è il King’s college. La grande differenza sta nella massa critica di persone. La Scuola di Medicina Cardiovascolare, dove ci sarà il mio laboratorio, è composta da 300 ricercatori e 35 gruppi di ricerca che si occupano solo di malattie cardiovascolari. Qui all’Icgeb, siamo da soli a fare cardiologia sperimentale. Se non fossimo all’eccellenza il King’s college non mi avrebbe lungamente corteggiato.
Cos’altro l’ha spinta?
Il fatto che quando sono diventato direttore generale nel 2014 la situazione era molto diversa da quella che c’è adesso: c’è stato un rilancio straordinario del centro. Soltanto nel 2017 ho fatto più di 60 viaggi. È un lavoro a tempo pieno ed è impensabile che fare il ricercatore di punta non sia un lavoro full time. Alla fine mi sono ritrovato a dover scegliere. Dentro di me però sento ancora uno spirito di passione romantica identica a quella che ho respirato dopo essermi laureato in Medicina: voglio continuare a fare ricerca.
Trieste si può reputare “Città della scienza” oppure no?
Qui c’è un brillante equivoco su cui molti giocano. Trieste è una Città della scienza perché ha un numero elevato di persone che operano nell’ambito della scienza rispetto al numero di abitanti, quindi percentualmente lo è. In Italia in media sono 5 su 1000, a Trieste mi pare siano 35 su mille. Ma il denominatore sono 200 mila abitanti, quindi se si va a vedere il numero assoluto di ricercatori, se ci compariamo con Londra siamo piccoli. Questo vale di meno per fisica, matematica e le scienze pure, ma molto di più per le scienze della vita. E l’altro problema è che le start up innovative in Italia sono circa 5 mila, mentre solo nella zona di Londra sono 250 mila. Qui c’è un progetto da 5 anni di spostare l’Icgeb in Porto vecchio, da due quest’ultimo è passato al Comune, ma non è successo nulla: questi sono esempi di amministrazioni insensibili. Il rischio di Esof 2020 è che non lasci nessun tipo di eredità. Le amministrazioni non riescono a trarre vantaggio dalla ricerca anche in termini di ricadute sulla città.
Com’è nata questa proposta?
Sono stato invitato a novembre al King’s college, dove una volta al mese parla uno top speaker internazionale. Poi a cena con il direttore di Medicina cardiovascolare, che non conoscevo bene, mi ha detto “vorremmo averti qui, facci sapere le tue condizioni”.
Quali?
Non voglio un laboratorio grandissimo, al massimo con una dozzina di persone e tutte post dottorato, che hanno quindi già esperienza. Posso scegliere i miei collaboratori, ce ne saranno 5-6 che verranno con me da Trieste. Qui ne ho una ventina, compresi studenti del dottorato e in tesi.
Che fine farà il suo lavoro in Area Science Park?
Il mio laboratorio chiuderà e lo trasferisco a Londra. Continuerò i progetti che ho portato avanti qui legati al cuore: da una parte trovare nuove maniere per stimolare la rigenerazione cardiaca dopo l’infarto e poi trovare nuovi farmaci per lo scompenso cardiaco.
Si sente un cervello in fuga?
No, mi sento un cervello internazionale e quindi trae beneficio dal potersi inserire in ambienti di punta non necessariamente sentendosi ancorato. Anche se sarà difficile lasciare questa realtà.
Quando si trasferirà?
Io aprirò il laboratorio a gennaio prossimo, spostando una serie di ricercatori lì e avviando una chiamata per altri, farò il pendolare. Mentre a gennaio sono stato nominato visiting professor proprio per far sì che io possa già chiedere finanziamenti. E ci sono molte realtà a cui chiederli. L’Icgeb è un’isola felice ma la qualità di finanziamenti in Italia è drammatica.
Al suo posto chi ci sarà?
Il prossimo dg verrà nominato al consiglio dei governatori a maggio 2019.
Come ha reagito il consiglio alla sua notizia?
Mi sono commosso alla loro reazione, non sono riuscito a finire la presentazione. C’è stata anche una standing ovation, tutti sono rimasti molto stupiti.
E la sua famiglia?
Mio figlio ha 32 anni, fa il chirurgo a Parigi. Mia figlia è al secondo anno di medicina all’ospedale San Raffaele ed è eccitata a trascorrere i weekend a Londra. E mia moglie, che si occupa di turismo, verrà con me.
Vuole mantenere un legame con Trieste?
Sì, in qualche modo sia con l’Icgeb che con l’Università di Trieste, dove insegno.
Il risultato più importante portato a termina a Trieste?
Nel 2012 ho trovato dei piccoli Rna codificati dal genoma umano che, se somministrati al cuore, possono stimolare la proliferazione delle cellule cardiache.
Che cosa le mancherà della sua città?
Sarà il mio posto per la pensione.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo