Masau Dan, i flop e i niet della Nostra signora dei musei

«Ave Maria, piena di arte». Maria come la chiamava con accento veneto Franco Miracco, penultimo assessore alla Cultura. Nostra Signora dei musei da quando il sindaco Roberto Cosolini nella primavera 2012 l’ha promossa a direttrice dei Musei Civici di storia e arte di Trieste esiliando allo Sport Adriano Dugulin. Il potere di Maria Masau Dan si estende dal Sartorio all’Orientale, dal Risorgimento a Casa Morpurgo, dalla Risiera di San Sabba alla Foiba di Basovizza. Fino allora Maria era solo il direttore del Museo Revoltella. Lo era però da vent’anni. Maria diventa direttrice della Galleria d’arte moderna nel 1992 vincendo il concorso pubblico bandito dal Comune di Trieste. «Ci siamo presentati in due: io e un veneziano, il critico Riccardo Caldura. Nessun triestino si è fatto avanti. Non ho mai capito il motivo», racconta. Lei, nata a Gorizia a fine 1951, arrivava dalla direzione dei Musei provinciali di Gorizia (altro concorso vinto nel 1983) dopo aver collaborato con la Galleria Spazzapan di Gradisca d’Isonzo dove vive. L’arrivo a Trieste coincise con la riapertura del Revoltella dopo una lunga opera di ristrutturazione iniziata negli anni Sessanta su progetto di Carlo Scarpa. Sua la mostra inaugurale («Da Canova a Burri. Il museo si mostra») a cui ne seguirono una sessantina fino a quella in corso dedicata alle antinomie di Enzo Cogno. Sotto la sua direzione, fa sapere nel curriculum, il museo ha edito 80 pubblicazioni e acquisito oltre 300 opere d’arte. Ma molte collezioni sono finite nel frattempo altrove (Malabotta, Sbisà, Irneri, Luttazzi). Nel 2006 ha progettato e realizzato il riallestimento della galleria sulla base dello studio di Scarpa. Maria impiega 14 anni prima di far liberare l’opera postuma dell’architetto veneziano dal cartongesso con cui era stata impacchettato all’interno. Sua la firma sul catalogo “Carlo Scarpa e il Museo Revoltella”.
Maria ama farsi pregare. Il rispetto dei tempi non è il suo forte. Nonostante questo Nostra Signora dei Musei prima di andare in pensione (il 19 dicembre prossimo compirà 63 anni), sarà riuscita ad aggiungere altri due gioielli alla sua collezione. A fine luglio, dopo aver bucato due inaugurazioni (cosa che irritò non poco il sindaco), apre il primo nucleo del Museo della guerra per la pace Diego de’ Henriquez in via Cumano. E ai primi di dicembre sarà presentato, in ritardo di mesi, il Civico Museo della Civiltà Istriana Fiumana e Dalmata di via Torino. Maria è anche vicepresidente dell’Irci su nomina del Comune che però non è più socio dal 2011. Nel 2009 cura una grande mostra dedicata a Leonor Fini. Il catalogo arriva quasi tre mesi dopo l’inaugurazione.
Maria Masau Dan. La seconda parte del cognome, che suona così bene, lo deve al marito Wladimiro Dan, giornalista professionista, ex direttore della Provincia di Como e per un periodo alle relazioni esterne di Palazzo Grassi di Venezia. «Lui sostiene che sono imprudente con i giornalisti. Dovrei stare più zitta», ricorda. Ma non sempre le riesce di mordersi la lingua. E così, come sul caso mummia, è riuscita a offendere le “Lady Like” delle primarie venete del Pd. «Speriamo che sia carina così c’è il contrasto tra la mummia e la deputata», dice di Simonetta Rubinato che si era lamentata con il sindaco per il mancato prestito. E un altro mancato prestito a Forlì fu nel 2013 all’origine di una polemica con il critico dell’Accademia di Brera Flamino Gualdoni che aveva criticato l’allestimento del Revoltella con la modesta Venere di Carlo Hollan a fare da “reggimoccolo” al “Meriggio” di Casorati.
E i politici? «Diciamo che i politici sottovalutano i tecnici e si sopravvalutano» dichiara nel 2010. Eppure per due anni è stata assessore alla Cultura della Provincia di Gorizia con presidente Giorgio Brandolin e maggioranza di centrosinistra. La comunicazione con gli assessori alla Cultura non è neppure il suo forte. Con Roberto Damiani finì per comunicare per iscritto. Con l’ex assessore Massimo Greco non si parlano più da tempo. «Al primo posto metto Menia. Per lo slancio, l’energia e la passione», dichiarò in un’intervista del 2005 provocando una dura reprimenda di Damiani sulle predilezione della direttrice per le mostre chiavi in mano. Tra le sue sconfitte resta quella di non aver conquistato all’arte lo spazio dell’ex Pescheria (il Salone degli incanti) nonostante la bellissima mostra, tuttora insuperata (Jannis Kounellis a parte) dedicata a Marcello Mascherini.
Con il suo prossimo pensionamento, oltre alla liberalizzazione delle mummie (come minaccia nella lettera a fianco), rischia di scomparire, dopo oltre 140 anni, la direzione del Revoltella assorbita da quella dei musei civici di storia e arte. Una tradizione iniziata nel 1872 dal pittore Augusto Tominz e arrivata finito a Giulio Montenero che si dimise nel 1989. Maria Masau Dan sarà l’ultima direttrice del Revoltella, l’unica del museo firmato da Scarpa. Quella che fino all’ultimo si è opposta alla pubblicazione dei nomi del Curatorio sul sito del Revoltella. Tra le sue incompiute resterà la mostra su Ugo Guarino annunciata da 10 anni fa e promessa a febbraio entro l’estate appena trascorsa. Sarà ricordata anche per la mostra sulla collezione privata di Sergio Pacor, l’assessore alla Cultura che la chiamò a Trieste e presidente del Curatorio del museo. Indimenticabile anche la mostra dedicata alla collezione di Enrico Maltauro finito dietro le sbarre per le tangenti delll’Expo di Milano. Ma il suo capolavoro resta la mummia negata a Jesolo. A cui a questo punto potrebbe essere, senza offesa, dato il suo nome.
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