Marconi e il “tasto” che cambiò il mondo

Custodito in un angolo del Museo del mare. Il direttore: «È un reperto unico su cui si può costruire una grande esposizione»

A Trieste c’è un “tasto” che ha cambiato la storia delle comunicazioni. Che da dato il via alla trasmissione senza fili, la radio, la televisione, la rete. Un mondo “wireless”. La rivoluzione telematica. La nascita del villaggio globale. Ma lo sanno in pochi. È conservato in una teca del Museo del Mare di Campo Marzio. È il piccolo tasto con cui il 26 marzo 1930 , alle 11.03, dalla nave Elettra ancorata a Genova presso lo Yacht Club italiano, Guglielmo Marconi invia nell'etere gli impulsi che, dopo avere percorso 14.000 miglia, giungono in Australia per accendere le 3mila lampadine del Municipio di Sydney.

L’ha scoperto per caso Nicola Bressi, lo zoologo da poco alla guida dei musei scientifici di Trieste. «Quando l’ho visto ho chiesto al personale del museo: “È una copia, vero? Una riproduzione?”. “No, mi hanno risposto, è l’originale. Quello che era sull’Elettra”. Non potevo crederci. Quello è il primo apparecchio wireless del mondo. E ce l’abbiamo noi a Trieste». Il piccolo tasto di trasmissione è custodito nella teca del modellino 1:30 dello yacht Elettra, buttato lì davanti alla prua. Una targhetta metallica lo identifica: “Marconi’s Wireless Telegraph Co. Ltd. London. N° 348309 Tpye III”. Guglielmo Marconi era un mago dei brevetti, a differenza del serbo Nikola Tesla che gli contestò inutilmente l’invenzione della radio. Nel luglio 1897 Marconi fondò a Londra la “Wireless Telegraph Trading Signal Co. Ltd” che nel 1990 diventò la “Marconi’s Wireless Telegraph Co. Ltd”, come riporta la targhetta del tasto di trasmissione.

«In qualsiasi altra parte del mondo costruirebbero un museo attorno a un reperto come questo» dice Bressi che, senza paura di apparire blasfemo, aggiunge: «Per la scienza ha lo stesso valore che ha la sindone per la Chiesa. Andrebbe esposto solo qualche settimana ogni due anni». E non si ferma. «Marconi è il nostro Steve Jobs - spiega Bressi -. Il mondo attuale è nato con lui. Senza di lui neppure la Apple esisterebbe. E neppure Microsoft». A Trieste, invece, il “tasto” di trasmissione giace nella Sala Marconi, al piano terra, del Civico Museo del Mare senza neppure l’onore di una didascalia in italiano (il museo non parla ancora inglese) a differenza per esempio di un banale compasso scolastico. «Compasso di G. Marconi prelevato dalla sua cabina a bordo dell’Elettra. Dono del sig. Primo Paris» si legge nella bacheca a lato. Neppure la guida realizzata nel 1996 (16 anni fa) dal Rotary Club Trieste fa cenno al piccolo tasto “wireless” che nel 1930 ha acceso da Genova in un colpo solo 3mila lampadine di Sidney. «Il Museo del Mare di Trieste custodisce (nel cortile esterno) una sezione trasversale dello scafo e un’ancora dell’Elettra, nonché, in questa sala, alcune apparecchiature dell’attrezzatura radiotecnica (tra cui l’ecometro e alcune valvole) che si trovava a bordo» si legge. Nessun cenno al prodigioso “tasto”. La guida del Rotary, firmata da Valerio Staccioli, riesce persino a sbagliare la data del “miracoloso” esperimento del 1930 datandolo 26 luglio 1939, nove anni dopo. La presenza a Trieste del tasto di Marconi è praticamente dimenticata da tutti. Solo Vienna si è ricordata 10 anni fa del piccolo apparecchio “wireless” e l’ha chiesto in prestito per una mostra. Trieste l’ha rimosso da tempo. Neppure nell’epoca della candidatura per l’Expo 2008 ci si è ricordati del “tesoro” custodito dal Museo del Mare. Eppure il tema scelto da Trieste era quello della “mobilità della conoscenza”. Poteva essere, forse, la carta vincente. Una strana dimenticanza. Ora però il nuovo direttore Bressi vuole rimediare all’oblio. La foto del “tasto” fa bella mostra nel suo blackberry. Un promemoria. «Sto pensando seriamente di riprogettare il museo attorno all’apparecchio “wireless” di Marconi. E credo sia possibile coinvolgere qualche sponsor per rilanciare il museo». E non è l’unico tesoro del Civico Museo del Mare di Campo Marzio. Al piano terra c’è anche la sala dedicata a Jose Ludvik Frantisek Ressel, lo sfortunato inventore dell’elica. Il primo ad applicarla alla navigazione a vapore. Purtroppo meno bravo di Marconi con i brevetti. E costretto a vedersi scippati i meriti dallo Smith di turno.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Argomenti:musei

Riproduzione riservata © Il Piccolo