“Maravee” mette a nudo l’anima dei soldati

Al Castello di Susans fino al 17 novembre la rassegna di foto, video, scultura, pittura e un’installazione ispirata a un diario di guerra
Di Arianna Boria

“Maravee Anima”, ovvero un percorso nell’arte contemporanea che quest’anno, per la dodicesima edizione della rassegna al Castello di Susans, intreccia i temi della spiritualità, della Grande guerra e della montagna, dove le armi seminarono dolore e distruzione. Sabrina Zannier, ideatrice e curatrice di “Maravee”, spiega così il complesso filone scelto per l’evento, che si apre oggi alle 19, con l’inaugurazione delle mostre e le performance di teatro e danza - di cui resteranno tracce “permanenti” fino al 17 novembre grazie ai video - affidate a Rita Maffei, Claudia Contin e alla compagnia Arearea.

«L’anima, intesa come ricerca spirituale, l’abbiamo declinata in questi allestimenti e installazioni sia dal punto di vista laico, come interiorizzazione del sè, sia da quello religioso, come ricerca di dio», anticipa Zannier. «Nel paesaggio, l’anima individua una figura simbolo: la montagna, intesa come relazione tra cielo e terra. La montagna è elevazione spirituale, sia per i laici che per i religiosi, ma è stata anche scenario di morte. Questo progetto, quindi, in memoria di ciò che è stato e non deve più ripetersi, è un inno alla salvezza dell’anima».

Tre i “livelli” del castello coinvolti nella rappresentazione di questo simbolico teatro interiore. Al secondo piano - il più alto, continuando nella metafora della vetta - la mostra “Fraterraecielo”, con 57 opere tra foto, dipinti, disegni a grafite (c’è anche il triestino Serse), divise in due percorsi, uno “esterno”, su fondo blu, con rappresentazioni di paesaggi montani attraversati da squarci di luce, e uno “interno”, con una natura più visionaria accanto a scene di quotidianità riguardanti varie religioni, colte dall’obbiettivo di Liz Hingley. Completano questo spazio le sculture di Elio Caredda, i bianchi e neri di Elio Ciol e un video delle artiste slovene Mirjana Batinic e Sanja Kuveljic.

Al primo piano, in due salette comunicanti, sono ospitate le mostre di fotografie di Brigitte Niedermayr, un’Ultima cena al femminile con una strizzata d’occhio alla pubblicità, e di sculture di Sebastiano Mauri, che sotto campane di vetro colloca piccoli “alieni” alle prese con la nostra vita di ogni giorno e gli dei delle varie religioni, da Cristo, a Budda all’indiano Ganesh.

Al piano terra, spazio al mondo del collezionismo militare con “L’anima del soldato”: una mostra di “models”, i soldatini d’autore, spesso pezzi unici, che vennero creati a partire dagli anni Settanta sia dall’industria sia da singoli artisti, e che per la prima volta rappresentano l’«umanità» del militare, dipingendogli sul volto la paura, la fierezza, il dolore, le speranze.

Alla scenografa triestina Belinda De Vito è affidata l’installazione ambientale che funge da “assaggio” alla pubblicazione - nel 2014 - da parte dell’editore Gaspari, del diario di guerra di Valentino Simonetti, avvocato di Moggio Udinese, scritto dal campo di prigionia di Plan, in Boemia, tra il 23 ottobre 1917 e il febbraio 1918. Questi quaderni di guerra sono stati ritrovati, nella casa di famiglia, da Valentino Missoni, parente di Simonetti, che nell’ottobre 1917 si trovava vicino a Caporetto con i gradi di tenente del Regio esercito italiano. Nel suo “Diario di una prigionia”, Belinda De Vito ha “chiuso” gli archi del pianoterra del castello con sacchetti di juta, a tracciare le pareti di una trincea. Su una di queste pareti sono installati tre piccoli monitor, tre “finestrelle” per guardare simbolicamente oltre lo sbarramento e gli echi del conflitto, che rimandano al pubblico pagine del diario di Simonetti, immagini della guerra e immagini dei luoghi bellici oggi, appartenenti al Museo di Ragogna. «Dai sacchi - racconta De Vito, da quattro anni collaboratrice di “Maravee” - escono riproduzioni delle cartoline da collezione del tempo di guerra, di cui lo stesso Missoni è un appassionato cultore. Sono quattro miliardi le missive vistate dall’ufficio censura dell’Esercito italiano, quattro miliardi di saluti, addii, suppliche, raccomandazioni, baci. È un numero impressionante - prosegue - che mi ha emozionato molto, che ci restituisce tutta intera la dimensione umana del conflitto e i ritratti più intimi dei suoi protagonisti».

Per il taglio del nastro, la regista Rita Maffei, in duetto con l’attore Emanuele Carucci Viterbi, metterà in scena il dialogo tra Anima e Guerra, con testi di Karl Kraus e Rilke. I danzatori di Arearea rappresenteranno “Il costo dell’anima”, mentre gli studenti del liceo artistico Sello di Udine animeranno la facciata del castello con la rielaborazione contemporanea di filmati storici del conflitto. Non mancherà il food design: un’installazione di pane è da guardare e non toccare, ma ci sarà uno “spiritual food” su vassoi itineranti per stuzzicare i visitatori.

@boria_A

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