Mappe catastali di Trieste: esposto ai carabinieri dalla Soprintendenza
La Soprintendenza archivistica ha spedito ieri al Comando dei carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, con sede a Venezia, un esposto con cui chiede di tornare in possesso delle 89 mappe catastali di Trieste originali del 1823, che sarebbero dovute andare all’asta lo scorso 27 settembre alla Stadion se proprio la Soprintendenza non ne avesse bloccato la vendita reclamando quei preziosi fogli acquerellati come proprietà del Demanio.
Un altro colpo di scena dunque come strascico di questa eredità familiare destinata dall’ultimo discendente che vive in Belgio a essere dispersa. Dopo il riconoscimento dei documenti come parte mancante dell’archivio “franceschino” già in possesso della Soprintendenza archivistica, dove spiccava questa lacuna, e cioé la prima descrizione catastale dell’intera città di Trieste, i colloqui tra proprietario e direttore degli uffici di via La Marmora si sono svolti sempre in via amichevole e pacifica, anche con la mediazione di Furio Princivalli, proprietario della casa d’aste Stadion. Ma di fatto senza che la consegna dei beni avvenisse.
L’erede, che con l’asta avrebbe svuotato la casa del padre defunto, ricca anche di libri antichi e altre cose di pregio, si è sempre dichiarato disposto a fare il suo dovere, ma poi è stato colto dal dubbio se quelle mappe, già proprietà del nonno, l’avvocato (e scrittore) Bruno Forti cresciuto in gioventù nell’”entourage” di Scipio Slataper, fossero davvero originali, e così preziose per lo Stato. Ha mandato a colloquiare il proprio avvocato, e insomma ha preso tempo.
«Di tempo ne è passato troppo - afferma per parte sua Dorsi - e ieri ho avvertito che era mio dovere far intervenire il Nucleo di tutela del patrimonio culturale dei Carabinieri, cui ho spedito una relazione, chiedendo un intervento». Nei giorni scorsi Dorsi aveva molto insistito affinché in via bonaria si accettasse l’evidenza: «Possediamo - racconta - tutto l’archivio catastale “franceschino” che ci è stato consegnato tra il 1970 e il 1990, alcuni pezzi sono mancanti, e certamente era mancante questa importante sezione: 89 mappe su tutto il territorio comunale diviso per borghi». Il proprietario, l’erede che si sarebbe volentieri sbarazzato dei disegni firmati “Antonio Righetti” a quel punto però ha messo il freno, vuole una prova certa e finora evidentemente non si è accontentato di quelle che gli offre l’Archivio di Stato.
«Io - afferma Dorsi - ho l’obbligo di far rientrare quei documenti, non già per sequestrarli ma per metterli a disposizione della collettività. Dal 1820 in poi appariva un “buco” nelle mappe catastali, che era stato segnalato, c’è traccia del fatto che si sapesse che documenti erano in mani private, e più d’una, e non necessariamente di persone imparentate fra loro. Lacuna insanabile e inspiegabile. E adesso abbiamo ritrovato questa serie completa».
Ben chiara una cosa: quei documenti non sono stati trafugati dalla Soprintendenza archivistica. Nessuno parla di furto (nemmeno ai Carabinieri). Più semplicemente, dopo essere state acquerellate, o più tardi, quei disegni oggi fotografia irripetibile della città ottocentesca sono stati sottratti dagli uffici del catasto, che appartenevano all’amministrazione finanziaria dello Stato (asburgico) che copriva tutto il Litorale. E così quell’amministrazione e le successive non hanno potuto ottemperare all’obbligo di legge di consegnare, dopo un certo numero di anni, i documenti all’Archivio.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo