Mangia le api e vive in maxi nidi: è arrivato il calabrone orientale
TRIESTE Mancano tre mesi alla chiusura del 2019, ma già si candida a rientrare di buon grado tra le notizie scientifiche dell’anno. Dopo tanti dubbi, infatti, ora è ufficiale: il calabrone orientale (Vespa orientalis) è approdato a Trieste.
La presenza di quest’insetto, diffuso in Medio Oriente, in Madagascar e nel Sudest europeo, dopo un’unica segnalazione registrata lo scorso anno, quest’estate è stata riscontrata compiutamente nella zona del Porto nuovo, in Passeggio Sant’Andrea: facile dunque ipotizzare che il calabrone orientale sia arrivato in città tramite qualche nave. Da lì poi ci sono state ulteriori segnalazioni, in altre zone del territorio cittadino, per un totale di quattro “popolazioni”, confermate dai naturalisti Nicola Bressi, Andrea Colla e Gianfranco Tomasin del Museo civico di Storia naturale di Trieste, i quali hanno evidenziato come a Trieste si sia «insediata la popolazione più a Nord al mondo per questa specie e per di più nel centro di una città».
Se tutti, insomma, si aspettavano l’arrivo della Vespa mandarina, calabrone asiatico di grosse dimensioni più volte segnalato (ma in maniera inattendibile) anche in provincia di Trieste, a sorpresa, in pieno “global warming”, a raggiungere le nostre terre è stato un altro imenottero, più piccolo, questo sì, ma da tenere comunque assolutamente sotto controllo.
Questo particolare insetto si caratterizza da un punto di vista fisico per la presenza di un colore rossiccio in cui spiccano due parti gialle: una sulla testa e l’altra lungo l’addome, con una banda uniforme. E proprio la funzione dell’addome è una delle peculiarità: grazie alla presenza di un pigmento, la xantopterina, queste vespe hanno la capacità di assorbire l’energia solare che le rende attive.
A differenza di altre specie di calabroni, dunque, che preferiscono operare con il fresco del mattino o prima di sera, la Vespa orientalis ama muoversi perlopiù nei pomeriggi assolati. Altra caratteristica, che potrebbe avere un importante impatto ambientale, è che il calabrone orientale si nutre spesso e volentieri di api.
Non a caso una delle segnalazioni che hanno confermato la presenza di questo insetto è giunta da parte di un residente che ha notato la sostituzione delle api, da sempre presenti nel suo giardino, con queste “strane” vespe. Vespe che si nutrono anche delle spazzature prodotte dall’uomo. Motivo in più per non lasciare cibo fuori dai contenitori per l’umido, come già accade per arginare ratti e gabbiani.
Ma la Vespa orientalis è pericolosa per l’uomo? Il veleno di questo insetto non è né più né meno potente di quello delle nostre vespe. C’è però una grande differenza: i nidi. Il nido della orientalis può contenere sino a mille individui. Quindi: massima attenzione.
Di regola i i favi di cellulosa vengono costruiti in maggio, sottoterra o dentro muri e edifici. In passato questo vespide aveva toccato Genova (un solo esemplare) ma anche i porti di Londra e Bruxelles. Sostanzialmente, a causa degli inverni freddi, la orientalis però non è mai riuscita ad ambientarsi, estinguendosi da sola. Riuscirà dunque questo insetto a superare un altro inverno triestino? «Non possiamo esserne certi. Ogni specie animale si comporta diversamente quando viene importata in ambienti differenti. Impossibile garantire come si evolverà la sua biologia con il clima, la vegetazione e le ore di luce di Trieste. Forse un inverno molto freddo potrebbe estinguerla. Ma vivendo in città potrebbe pure facilmente svernare tra tiepidi controsoffitti e cantine», spiegano Bressi, Colla e Tomasin.
Se dovesse farcela, il nostro ecosistema si troverebbe a dover ospitare una specie “alloctona” con tutto ciò che ne consegue, in primis, per l’appunto, il possibile impatto sulle api.
Ancora un paio di informazioni. È importante sapere che il calabrone orientale può essere facilmente confuso con alcune specie di insetti locali (su tutti la Vespa Delta unguiculatum) utili o innocui, da cui si distingue soprattutto per avere solo due anelli gialli sull’addome, mentre la punta con il pungiglione è sempre completamente scura. Da qui la raccomandazione, avanzata anche dal Comune di Muggia, di rispettare la già minacciata biodiversità e di segnalare eventuali avvistamenti, inviando foto alla mail sportellonatura@comune.trieste.it, o portando eventuali esemplari trovati morti al Museo civico di Storia naturale di Trieste di via Tominz. Il Museo civico ha infine in programma un incontro pubblico per conoscere questo nuovo “abitante” della città, mercoledì 16 ottobre alle 18. Nessuna psicosi, in ogni caso, ma massima attenzione, quella sì.—
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