Mandato d'arresto per «Ivan il terribile»

NAZISMO. L’ucraino Demjanjuk vive negli Stati Uniti: era stato segnalato anche alla Risiera di San Sabba
TRIESTE
La Procura di Monaco di Baviera ha riaperto il caso di «Ivan il terribile», il criminale di guerra nazista che ha agito come aguzzino nei lager di Treblinka e di Sobibor ma la cui inquietante presenza è stata segnalata anche alla Risiera di San Sabba a Trieste.


I magistrati bavaresi hanno emesso ieri un mandato di cattura contro John Demjaniuk, 88 anni, residente a Cleveland, ex operaio metalmeccanico in una fabbrica di automobili, divenuto statunitense nel 1958 ma privato della cittadinanza nel 2002 quando fu accertato il suo ruolo nei lager nazisti.

John «Ivan» Demjaniuk nel 1986 era stato estradato in Israele per rispondere dei crimini commessi nel campo di sterminio di Treblinka. Non in altri. Nel processo di primo grado era stato condannato a morte per impiccagione, esattamente come Adolf Eichmann, giustiziato il primo giugno 1962 nel carcere di Ramla e le cui ceneri sono state disperse nel Mediterraneo, al di fuori delle acque territoriali israeliane.


Dal processo di appello celebrato nel 1993 davanti alla Corte suprema di Gerusalemme John Demjaniuk uscì assolto e fu rispedito negli Usa. La sua identificazione con «Ivan il terribile» non era stata adeguatamente provata e i dubbi avevano avuto il sopravvento sulle testimonianze accusatorie di alcuni sopravvissuti ai lager nazisti. Un ruolo determinante in questa inchiesta hanno avuto i documenti usciti dagli archivi sovietici. Questi documenti più volte attribuiti al Kgb - avevano sostenuto che il vero «Ivan il terribile», l’aguzzino di Treblinka, era un’altra persona, non Jonh Demjanjuk.


L’assoluzione israeliana del 1993 si è infranta anche sull’inchiesta bis sui crimini della Risiera, aperta a Trieste dall’Ufficio istruzione del Tribunale. Il fascicolo 470/86 sulla cui copertina spiccava il nome di John Demjanjuk e l’ipotesi di reato - omicidio volontario pluriaggravato - da anni e anni è rinchiuso in archivio. A livello formale oggi potrebbe essere riaperto grazie alle nuove prove acquisite dai magistrati bavaresi.


Tra l’allora giudice istruttore Guido Patriarchi, ora presidente aggiunto del Gip e l’avvocato Paolo Sardos Albertini, all’epoca difensore d’ufficio dell’immigrato ucraino al centro di questo intrigo internazionale, vi fu un unico incontro da cui emerse sostanzialmente quello che era già affiorato nel processo di appello in Israele: in sintesi non esistevano prove sufficienti per proseguire l’inchiesta.


Ora i magistrati tedeschi sembrano avere superato lo scoglio dell’identificazione e accusano John Demjanjuk dell’uccisione di almeno 29 mila ebrei, assassinati nel lager di Sobibor. A brevissima scadenza chiederanno ai magistrati americani l’estradizione dell’anziano operaio, ridotto allo stato di apolide (senza cittadinanza) dopo la revoca del passaporto Usa. Da tempo i suoi avvocati sono impegnati in un braccio di ferro con i tribunali americani che hanno emesso una serie di sentenze - tutte appellate - che dovrebbero consentirne la consegna alle autorità ucraine, il suo Paese d’origine. Già 20 anni fa negli Usa era stato costituito il «John Demjanjuk Defense Fund» incaricato di raccogliere denaro e adesioni per consentire all’anziano operaio ucraino, che si è sempre proclamato innocente, una difesa adeguata e a tutto campo. Finora i suoi legali hanno sempre vinto, strappandolo al capestro e consentendogli prima di rientrare e poi di rimanere negli Stati Uniti nonostante il Dipartimwento di Stato avesse accertato che l’anziano ucraino aveva esercitato le mansioni di «guardiano» in almeno tra lager.


Ora però la Corte suprema ha detto «no» a una richiesta di appello contro le sentenze che spianano la strada alla deportazione in Ucraina. Ma l’entrata in scena della magistratura di Monaco di Baviera paradossalmente assume oggi una duplice valenza: inchioda Demjanjuk al suo passato di aguzzino nei lager ma allo stesso tempo potrebbe rendere meno agevole il suo allontanamento forzoso dagli States. A Cleveland l’ex metalmeccanico gode del sostegno della comunità di cui fa parte: il reverendo John Nakonachny della Chiesa ortodossa di San Vladimiro, ha più volte sostenuto pubblicamente di «credere nell’innocenza di Demjanjuk. Non importa quello che dice la Corte suprema. I magistrati non possono capovolgere la storia. Sia gli ebrei che gli ucraini hanno sofferto per mano dei nazisti».

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