Macedonia verso il referendum: parte la campagna elettorale

Giochi aperti: i sondaggi danno i favorevoli al 40% ma altrettanti sono coloro che non hanno ancora deciso se andare alle urne

BELGRADO La posta in gioco è altissima, in un Paese frammentato: la futura adesione alla Ue e alla Nato oppure una crisi politica. E l’isolamento. È la scelta che, implicitamente, si troveranno di fronte il 30 settembre gli elettori macedoni, chiamati a confermare o meno nelle urne il cambio del nome del proprio Paese in “Repubblica della Macedonia del nord”, soluzione di compromesso tra Atene e Skopje per risolvere la decennale disputa tra le due capitali e rilanciare il processo d’adesione della Macedonia a Ue e Nato. È lì «il nostro futuro, lo assicureremo il 30 settembre», ha affermato il premier Zoran Zaev, aprendo ufficialmente le danze di una campagna elettorale iniziata da poche ore.

Il referendum sul nuovo nome della Macedonia traballa tra crisi, corruzione e clientelismo
epa06781245 Supporters of the biggest opposition party, conservative VMRO DPMNE, wave flags and shout slogans during the anti-government protest in front of the Government building in Skopje, The Former Yugoslav Republic of Macedonia, 02 June 2018. Supporters of VMRO DPMNE are protesting against Government politics and over compromise solution in Macedonia's dispute with Greece over the country's name. EPA/GEORGI LICOVSKI


Il “sì” è intrecciato con l'integrazione. Non a caso il governo ha fatto pressioni affinché il quesito referendario sia più che esplicito: «Siete in favore dell’adesione a Ue e Nato attraverso l’accettazione dell’accordo tra Macedonia e Grecia», riferimento alla storica intesa di Prespa del giugno scorso? A dire sì, secondo gli ultimi sondaggi, sarà oltre il 40% di chi andrà a votare; ma rimane apertissima l’incognita del boicottaggio, con un 40% e oltre di indecisi se andare alle urne o disertarle. E i giochi sono ancora aperti, perché, per essere valido, al referendum deve partecipare il 50% più uno degli aventi diritto.

Macedonia al voto sul nome fra le polemiche
epa06805599 Protestors wave flags and shout slogans during an anti-government protest in front of the Parliament building in Skopje, The Former Yugoslav Republic of Macedonia (FYROM), 13 June 2018. Demonstrators protested the government's politics as well as against a compromise solution in Macedonia's dispute with Greece over the country's name. EPA/NAKE BATEV


Convincere gli indecisi è ora l’impegno del fronte del sì, con iniziative come “EUreka”, un magazine per «informare i cittadini sui vantaggi e le sfide» dell’integrazione euro-atlantica. E poi centinaia di migliaia di euro da investire in cartelloni pubblicitari pro-cambio del nome, campagne sui social media, promesse di nuovi fondi in arrivo dall’Ue e di un futuro un gasdotto con la Grecia. A fare da contraltare, i richiami al boicottaggio dell’opposizione di centrodestra, monopolizzata dal partito Vmro-Dpmne – per ora ancora timido nell’agone referendario - ma anche decine di associazioni che si stanno coalizzando nel fronte «Macedonia boicotta».

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La campagna per il no e quella per il sì devono essere «rispettose di tutti i cittadini», ha invitato il presidente del Parlamento, Talat Xhaferi: un messaggio che nasconde fra le righe il timore di nuove tensioni e violenze di piazza. Ma per ora l’atmosfera, a Skopje, è fin troppo tranquilla. «Tra la gente non c’è nervosismo», racconta il giornalista Goran Naumovski. A volte «una cinquantina di persone protesta davanti al Parlamento, ma per ora è tutto calmo e silenzioso», assicura. Calma irreale – chiosa – «come se la gente avesse paura di esporsi, di dire apertamente di essere contraria» al cambio del nome. E non sono pochi quelli che il sacrificio sono restii a farlo. —


 

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