Macedonia verso il referendum: parte la campagna elettorale
Giochi aperti: i sondaggi danno i favorevoli al 40% ma altrettanti sono coloro che non hanno ancora deciso se andare alle urne
BELGRADO La posta in gioco è altissima, in un Paese frammentato: la futura adesione alla Ue e alla Nato oppure una crisi politica. E l’isolamento. È la scelta che, implicitamente, si troveranno di fronte il 30 settembre gli elettori macedoni, chiamati a confermare o meno nelle urne il cambio del nome del proprio Paese in “Repubblica della Macedonia del nord”, soluzione di compromesso tra Atene e Skopje per risolvere la decennale disputa tra le due capitali e rilanciare il processo d’adesione della Macedonia a Ue e Nato. È lì «il nostro futuro, lo assicureremo il 30 settembre», ha affermato il premier Zoran Zaev, aprendo ufficialmente le danze di una campagna elettorale iniziata da poche ore.
Il “sì” è intrecciato con l'integrazione. Non a caso il governo ha fatto pressioni affinché il quesito referendario sia più che esplicito: «Siete in favore dell’adesione a Ue e Nato attraverso l’accettazione dell’accordo tra Macedonia e Grecia», riferimento alla storica intesa di Prespa del giugno scorso? A dire sì, secondo gli ultimi sondaggi, sarà oltre il 40% di chi andrà a votare; ma rimane apertissima l’incognita del boicottaggio, con un 40% e oltre di indecisi se andare alle urne o disertarle. E i giochi sono ancora aperti, perché, per essere valido, al referendum deve partecipare il 50% più uno degli aventi diritto.
Convincere gli indecisi è ora l’impegno del fronte del sì, con iniziative come “EUreka”, un magazine per «informare i cittadini sui vantaggi e le sfide» dell’integrazione euro-atlantica. E poi centinaia di migliaia di euro da investire in cartelloni pubblicitari pro-cambio del nome, campagne sui social media, promesse di nuovi fondi in arrivo dall’Ue e di un futuro un gasdotto con la Grecia. A fare da contraltare, i richiami al boicottaggio dell’opposizione di centrodestra, monopolizzata dal partito Vmro-Dpmne – per ora ancora timido nell’agone referendario - ma anche decine di associazioni che si stanno coalizzando nel fronte «Macedonia boicotta».
La campagna per il no e quella per il sì devono essere «rispettose di tutti i cittadini», ha invitato il presidente del Parlamento, Talat Xhaferi: un messaggio che nasconde fra le righe il timore di nuove tensioni e violenze di piazza. Ma per ora l’atmosfera, a Skopje, è fin troppo tranquilla. «Tra la gente non c’è nervosismo», racconta il giornalista Goran Naumovski. A volte «una cinquantina di persone protesta davanti al Parlamento, ma per ora è tutto calmo e silenzioso», assicura. Calma irreale – chiosa – «come se la gente avesse paura di esporsi, di dire apertamente di essere contraria» al cambio del nome. E non sono pochi quelli che il sacrificio sono restii a farlo. —
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