Macedonia divisa, i socialdemocratici reggono ma prevale l’instabilità politica
BELGRADO Avrebbero dovuto essere elezioni decisive e risolutive, il passo obbligato – da prendere malgrado l’emergenza Covid – per dare al Paese una guida certa, capace di condurlo attraverso la crisi economica post-pandemia e l’attuale emergenza virus. Ma la Macedonia del Nord – terzo Paese balcanico a votare durante la pandemia dopo Serbia e Croazia – potrebbe purtroppo fare i conti con una complicata situazione politica. E con difficili negoziati per la formazione del nuovo governo. Lo confermano i primi risultati ufficiali delle elezioni legislative tenutesi in questi giorni tra Skopje e Tetovo, con un’affluenza che ha sfiorato il 51%, non male in tempi di coronavirus e in un Paese che ha una parte consistente della popolazione costituita da emigranti, all’estero per lavoro. Elezioni che hanno visto prevalere per un soffio i socialdemocratici dell’ex premier Zoran Zaev, artefice dello storico accordo sul nome con la Grecia, che dovrebbero conquistare, con la coalizione europeista “Possiamo”, circa il 36% dei voti – sulla base dello spoglio arrivato a oltre il 96% delle schede.
Socialdemocratici che, confermando le previsioni dei sondaggisti, sono tallonati dai nazional-conservatori del Vmro-Dpmne, fieri avversari dell’intesa con Atene che ha portato al cambio del nome del Paese in Macedonia del Nord, che con la coalizione “Rinnovamento” hanno convinto il 34,5% dell’elettorato. Alle spalle dei due più folti schieramenti, i due maggiori partiti rappresentativi della numerosa minoranza albanese in Macedonia del Nord, l’Unione democratica per l’integrazione (Dui), che ha conquistato un importante 11,6% e l’Alleanza per gli albanesi in accordo con il partito Alternativa, arrivata a sfiorare il 9%. «Abbiamo vinto, la volontà del popolo è stata confermata», ha esultato Zaev, mentre un’atmosfera di delusione si respirava al quartiere generale del Vmro-Dpmne. Malgrado il secondo posto, tuttavia, «siamo ancora in corsa per costruire una maggioranza al Parlamento», ha assicurato il segretario generale del partito, Igor Janushev, unico a parlare dato il silenzio del leader Hristijan Mickoski, frustrato per gli esiti elettorali. Gioia e delusioni che però potrebber lasciare presto spazio a problemi politici seri. L’alleanza costruita attorno ai socialdemocratici di Zaev, infatti, dovrebbe ottenere circa 46 seggi in un Parlamento che ne conta 120, il Vmro-Dpmne 44. E in entrambi i casi non c’è maggioranza. Ago della bilancia potrebbe così diventare il Dui albanese (15 seggi, dai dieci del 2016), da offrire al miglior offerente. «L’aquila albanese è tornata, la vittoria è degli albanesi e senza gli albanesi» non ci sarà una maggioranza e un nuovo governo, ha esultato il leader del Dui, Ali Ahmeti.
Potrebbe però avere un ruolo anche l’Alleanza per gli albanesi, forte di dodici seggi rispetto ai tre di quattro anni fa, magari assieme a partitini minori. Nei prossimi giorni, i rapporti di forza dovrebbero chiarirsi quando Zaev – con alta probabilità – avrà iniziato a tessere la tela del probabile nuovo governo a spinta socialdemocratica. Nel frattempo, non si spengono le polemiche su “strani” fatti accaduti durante e poco dopo la chiusura delle urne. A far discutere, in particolare, un probabile attacco hacker al sito della Commissione elettorale centrale (Sec), nel mirino per più di tre ore mercoledì. L’attacco – via DDos – ha ritardato la pubblicazione dei primi risultati ufficiali, anche se la conta dei voti e la loro segretezza non sono state intaccate, ha assicurato il presidente della Commissione, OIiver Derkovski. Ma non solo la Sec è stata oggetto di attacchi. A essere messo offline per alcune ore è stato anche il popolare portale informativo Time.mk. A rivendicare l’azione, un sedicente gruppo “Anonymous Macedonia”. Che ha sostenuto di aver agito per screditare le «vuote promesse di tutti i partiti politici». —
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