Ma l’Italia di Margherita Hack non è un Paese per donne
Da “Italia sì Italia no”, l’ultimo libro scritto da Margherita Hack prima di morire, pubblichiamo il capitolo “Non vorrei: la violenza sulle donne” per gentile concessione delle Edizioni dell’Altana.
di MARGHERITA HACK
«Massacrata di botte e chiusa in un sacco per la spazzatura. La vittima un’albanese picchiata sotto gli occhi della figlia di 4 anni. È ricoverata in fin di vita». Il fatto, accaduto a Napoli, riporta nella cronaca dei principali quotidiani nazionali anche la notizia di un altro episodio di tentato omicidio con ferite d’arma da fuoco da parte di un marito nei confronti della moglie.
E, come se non bastasse, sempre in cronaca si legge: «Suicida al posto di blocco. Aveva ucciso la ex moglie». Anche questo assassinio si è consumato al mattino nel centro di Foligno.
Le due vittime, una badante romena e l’ex marito suo connazionale giunto apposta dalla Romania per commettere l’omicidio.
Il delitto di Foligno è il secondo episodio di omicidio-suicidio accaduto in Umbria nel giro di qualche settimana. Vittime in questo caso, due uomini, il primo quale presunto amante della ex moglie e il secondo, il marito poi morto suicida. E il movente? Sempre la gelosia. Si pretende di possedere l’oggetto del desiderio ad ogni costo e se non si accetta la fine di un rapporto, scatta un tragico, irrefrenabile impulso omicida.
Uomini che uccidono quasi quotidianamente e con una facilità sconcertante perché l’amore non viene più corrisposto o perché la donna si ribella a una situazione umiliante e desidera riprendersi la propria libertà e dignità di persona.
Uomini che odiano, violentano e uccidono le donne e che sono padri, figli, mariti, amanti o fratelli ma anche semplici amici o insospettabili sconosciuti. Uomini morbosamente possessivi che appartengono ad ogni razza, cultura e religione, forse vittime loro stessi di violenze subite da bambini.
Complice di questo bollettino di guerra, oltre alla famiglia, anche la politica che da sempre ha sottovalutato questo gravissimo fenomeno sociale oggi definito “femminicidio”. Prova di questo disinteresse ne è stata la recente Assemblea convocata dalla Presidente questo tema andata praticamente deserta. Un’occasione persa ma anche una vergognosa testimonianza dell’indifferenza attorno a un argomento di vitale importanza. La violenza di genere è un fenomeno che non deve essere sottovalutato, né mediato, né tantomeno messo in dubbio da nessun ente o autorità ai quali viene denunciato.
Per chi non lo sapesse, nel nostro paese esistono centri antiviolenza a cui le donne possono rivolgersi sia per una preventiva protezione sia per trovare un aiuto che accresca la loro autostima. Esiste anche la possibilità di frequentare corsi di formazione a sostegno della coppia per poter individuare e capire gli inevitabili momenti di disagio spesso causati dalla complessità dovuta ai nostri stili di vita. Tuttavia la soluzione dipende da noi. E non a caso si parla di guarigione, poiché quando una donna è disposta a rinunciare alla propria dignità e a subire violenza per troppo amore, è vittima, prima che di altri, di se stessa. E perciò necessita di adeguata terapia proprio come se fosse affetta da una grave malattia.
Per secoli ma tanto più oggi, il ruolo della donna all’interno della famiglia e della società è stato quello di essere pilastro portante ma inconsapevole del proprio valore. Un ruolo al quale soprattutto la società rurale di inizio secolo attribuiva scarsa considerazione.
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