Londra, con i Rolling Stones la rivoluzione dei Sixties entra al museo

Il 6 aprile "Exhibitionism" alla Saatchi Gallery, da settembre la storia di un'epoca al V&A
I Rolling Stones in un'immagine dal loro archivio
I Rolling Stones in un'immagine dal loro archivio

LONDRA Dopo David Bowie anche i Rolling Stones approdano in un’istituzione museale. E, fedeli al loro spirito rock, hanno scelto come location la Saatchi Gallery di Londra. Situata in King’s Road, enclave “posh” (‘snob’) dove un bi-locale costa più di un milione di euro, negli anni ’60 fu l’epicentro - assieme a Carnaby Street - della Swinging London e della rivoluzione giovanile. Dall’estate del 1962 al 1963 fu anche il quartiere di Brian Jones, Mick Jagger e Keith Richards che vissero in un appartamento in Edith Grove, laterale di King’s Road.

I Rolling Stones in una delle immagini ospitate alla Saatchi Gallery (Rolling Stones Archives)
I Rolling Stones in una delle immagini ospitate alla Saatchi Gallery (Rolling Stones Archives)

La mostra, intitolata “Exhibitionism”, e pronta ad aprire i battenti al pubblico il 6 aprile, ha già suscitato notevole interesse sin dall'inizio della vendita dei biglietti, già attiva dallo scorso luglio.
A detta degli organizzatori e degli stessi Stones, si prospetta come la più grande retrospettiva promossa per un gruppo musicale, “dieci volte più grande di quella di David Bowie al V&A” e viaggerà per undici città tra le quali New York, Los Angeles e Tokyo.

I Rolling Stones alla Saatchi Gallery (Rolling Stones Archives)
I Rolling Stones alla Saatchi Gallery (Rolling Stones Archives)

Sviluppata su più di 1700 metri quadrati, su due piani, traccerà i cinquantadue anni di carriera di una delle band musicali più famose del mondo. Cinquecento sono i pezzi che comporranno il puzzle biografico delle “pietre rotolanti” che, nel corso della loro attività, hanno influenzato non solo il modo di fare musica ma anche l'arte, il design e la moda.

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Le nove gallerie tematiche, infatti, non solo faranno rivivere alcuni dei concerti più famosi, grazie al vasto archivio musicale (tra cui figurano alcuni inediti) che accompagnerà il visitatore lungo il percorso, ma offriranno una panoramica delle collaborazioni della band con artisti come Andy Warhol e Shepard Fairey (autore del manifesto “Hope” realizzato durante la campagna elettorale di Obama nel 2008), stilisti del calibro di Ossie Clark (che ha disegnato i famosi completi di nozze di Mick e Bianca Jagger) e Alexander McQueen, e registi come Martin Scorsese.

 

Così a fianco di poster di concerti, bozzetti di scenografie e inediti musicali i fan potranno ammirare anche foto dei componenti della band in età scolare, versi di canzoni scritte a mano, diari, lettere personali e cimeli come il mantello-bandiera britannica di Mick Jagger indossato nell’82 durante il tour della band in Gran Bretagna e la giacca in paillettes nera adornata di farfalle, disegnata nel 2013 dalla defunta compagna di Jagger, L’Wren Scott, in onore di Brian Jones. In quell’occasione, all’indomani della morte di Jones - annegato misteriosamente nella piscina della sua villa il 3 luglio del’69 dopo essere stato allontanato dal gruppo per divergenze d’opinione e stili di vita - gli Stones omaggiarono il ricordo dell'amico liberando un migliaio di farfalle, prima del concerto tenutosi a Hyde Park.

La locandina della grande mostra alla Saatchi Gallery "Exhibitionism"
La locandina della grande mostra alla Saatchi Gallery "Exhibitionism"


Da luglio, inoltre, nell’attesa dell’inaugurazione del grande evento, gli organizzatori, hanno ridisegnato il sito (http://www.rollingstones.com/) che, oltre a fornire informazioni riguardo al tour, anticipa una panoramica di cosa troveranno i fan e i visitatori con foto, testimonianze e video. È stato coniato anche un hashtag per l’occasione: #stonesism.

Joohn Sebastian sul palco a Woodstock nel 1969 (Henry Diltz Corbis)
Joohn Sebastian sul palco a Woodstock nel 1969 (Henry Diltz Corbis)


Gli Stones sono frutto di un’epoca speciale, che ha rotto con i canoni del passato influenzando il mondo e la società fino ai giorni nostri. Formatisi a Londra nel 1962, poco più che ventenni, sono stati testimoni e fautori di grandi rivoluzioni: nel modo di fare musica, esprimere il loro pensiero e condurre la propria vita. Approdati negli Stati Uniti tra il ’64 e ’65 con l'album del debutto, sono stati percepiti dai giovani britannici prima e, successivamente, da quelli di tutto il mondo, come gli alfieri della contestazione al vecchio ordine autoritario. E, proprio in coincidenza con il debutto mondiale degli Stones, il mondo vive un’intensa fase di cambiamenti, che vede gli anni dal 1966 al 1970 epicentro di tale trasformazione.

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“You Say You Want a Revolution? Records and Rebels 1966-1970”, che sarà inaugurata il 10 settembre al Victoria & Albert Museum, si propone di esplorare proprio questo periodo, mettendo in evidenza l’incontrollabile senso di libertà, i tumulti e i cambiamenti a livello socio-giuridico che segnarono e trasformarono un’epoca (la legge sull’aborto in Gran Bretagna verrà approvata nel ’67). Trecentocinquanta i pezzi, dalle collezioni del V&A e di privati. Tra le curiosità: poster originali delle manifestazioni parigine del 1968, un frammento di Luna prestato dal museo della Nasa insieme alla tuta spaziale di William Anders nella missione lunare, un rarissimo esemplare dell’Apple 1, gli abiti di George Harrison e John Lennon per la copertina di Sgt.Pepper e frammenti della chitarra di Jimi Hendrix. Colonna sonora del percorso, diviso in sei sezioni, un medley di grandi successi tratti dalla collezione di dischi del popolare dj inglese John Peel.

Blow Up di Michelangelo Antonioni: l'immagine al V&A nella mostra "You Say You Want A Revolution?"
Blow Up di Michelangelo Antonioni: l'immagine al V&A nella mostra "You Say You Want A Revolution?"

Una riproduzione di Carnaby Street nel 1966, anno in cui Londra verrà ribattezzata dalla rivista americana “Time” “The Swinging City”, aprirà il percorso espositivo mostrandone la trasformazione e la sua ascesa come punto di riferimento per moda, musica arte e fotografia. Sono gli anni dei mini-abiti di Biba e della minigonna di Mary Quant, degli “happening” d’arte di Yoko Ono, della modella Twiggy e di film come Blow Up (1966) di Antonioni e Alfie interpretato da Michael Cane.


La mostra analizzerà anche la cultura dei club e la “controcultura” esplorando forme di sperimentazione, stili di vita alternativi, e l’idea di rivoluzione legata a droghe, psichedelia e occulto, la letteratura indipendente e le radio pirata. Tra i cimeli presenti vi sono esempi delle prime lampade Astro (conosciute anche come Lava Lamp), oggetti legati all’occulto, nonché i versi scritti a mano di Lucy in the Sky with Diamonds dei Beatles.

 

Le restanti tre sezioni, infine, esplorano la “rivoluzione di strada” mettendo al centro i tumulti studenteschi parigini del ’68 e le manifestazioni contro la guerra in Vietnam; il mondo futurista promosso dalle esposizioni universali di Montreal (1967) e Osaka (1970); la scena musicale giovanile alternativa e psichedelica e i grandi eventi come Woodstock, la liberazione sessuale e il ritorno ai “valori della terra”.

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