L'informazione di qualità è bene comune

Foto BRUNI 12.01.2019 Enrico Grazioli, nuovo direttore de "Il Piccolo"
L'informazione è bene comune. Ed è parte fondamentale di quel bene comune più ampio che dovrebbe essere il faro e l’obiettivo di ogni cittadino nel suo agire privato e nel suo essere parte di una comunità: ancor di più lo dovrebbe essere per chi di ogni comunità, grande o piccola che sia, si assume il compito di essere guida nel tempo e nei modi in cui ha la responsabilità di governarla.
È la prima cosa che mi sento di sottolineare, anche a racchiudere ogni altra considerazione, nel giorno in cui in punta di piedi prendo per mano una testata prestigiosa, storica, vivace, importante come Il Piccolo.
Ne sarò il direttore con rispetto profondo delle sue radici e della sua specificità, entrambe frutto e insieme parte dell’unicità di Trieste e della Venezia Giulia. Nella consapevolezza del patrimonio che l’editore ha voluto affidarmi con fiducia (e qui lo ringrazio, ancora una volta, dopo oltre trent’anni di professione nella stessa grande famiglia) e con lo sguardo rivolto al futuro di un giornale e insieme (o forse soprattutto) della sua terra, della gente che qui è nata o ha scelto di vivere.
Bene comune, per l’informazione, significa essere risorsa: di qualità. Materia prima lavorata con cura della conoscenza resa disponibile a tutti. Il racconto quotidiano di queste città e paesi insieme allo sguardo sul mondo visto da qui come elemento fondamentale per aiutarli a comprendersi e confrontarsi, ad affrontare le difficoltà, a coltivare le speranze, a costruire i propri progetti e progressi. Per questo oggi c’è chi dice che l’informazione non serve, che i giornali sono complici dei poteri e ostacoli alla vista dei soli dell’avvenire che qualcuno disegna nei cieli della politica, che basta la comunicazione diretta, disintermediata, istantanea e facilmente ripetibile un mantra dopo l’altro a far sapere ai cittadini ciò che i cittadini devono sapere e nulla di più, nulla di diverso.
No, non è così: informare è aiutare a crescere nella libertà, è soffiare vento nelle vele. E nel raccogliere il testimone da Enzo D’Antona, che ha condotto con lucidità, esperienza e mano salda questa nave anche in acque tormentate e a cui va il mio abbraccio più grato, mi ritrovo perfettamente a mio agio nel dettato del fondatore del Piccolo, Teodoro Mayer (“Saremo indipendenti, imparziali, onesti”) pur sapendo di non poter chiudere la frase come fece lui, con un bellissimo “tutto qui”. Perché oggi quelle sono rimaste e saranno condizioni necessarie e insostituibili per presentarsi a testa alta davanti ai lettori, consegnate alla nostra deontologia e a un’etica di cui questa redazione di assoluto valore (che mi ha accolto con un’espressione di fiducia importante come un abbraccio adulto e sincero) è e sarà testimonianza limpida. Ma, nello stesso tempo, quelle parole oggi non sono più sufficienti ad affrontare un passaggio complicatissimo, per i media come per la società di cui vogliono essere interpreti e non solo.
Anche in ragione di quegli attacchi, di quel discredito interessato, anche di fronte al diffondersi con le nuove tecnologie e le più diverse forme di comunicazione interpersonale di una quantità illimitata di parole e di frastuono (non di informazione) abbiamo il dovere di affinare la nostra sensibilità e ristabilire una connessione costante, profonda e credibile con le persone a cui ci rivolgiamo: sulla carta come sul web.
Non essere élite, né intellettuale né professionale, ma punto di riferimento di chi vive con noi: a partire dalla funzione di servizio che un giornale ha in sé. Servire è avere cura: di raccontare ciò che altri non dicono e qualcuno vorrebbe nascondere; di tenere gli occhi aperti e attenti su chi ha in mano parte dei nostri destini, individuali e collettivi; di accogliere le istanze di chi ha meno voce e intuire in anticipo le crepe che si possono aprire nel tessuto sociale; di offrire risposte a chi nella confusione e nella frammentazione si sente spaesato e ha bisogno di una mappa nel labirinto delle sue quotidianità; di aprire le porte alle idee e creare un luogo in cui possano essere condivise, discusse, coltivate e infine raccolte nel loro divenire trasformazioni reali; di cogliere e valorizzare l’innovazione e la differenza (che è valore, mai danno in sé) per ridefinire la nostra identità e non ripiegare malinconicamente sui fasti del passato, in una deriva fatalista.
Mettendocela tutta, perché questo modo di informare vi offra ogni giorno, ogni istante, un giornale ancora migliore. Il vostro giornale. Perché Il Piccolo è molto di più di un giornale. Tutto qui. —
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