L’eccidio di via Ghega Musica e parole per non dimenticare

A 70 anni dall’impiccagione di 51 persone a Palazzo Rittmeyer un oratorio civile costruito con testimonianze dell’epoca
Lasorte Trieste 15/04/14 - Conservatorio Tartini
Lasorte Trieste 15/04/14 - Conservatorio Tartini

Sono passati settant’anni dall’eccidio di via Ghega, da quel 23 aprile del 1944 in cui, come rappresaglia per un attentato dinamitardo a palazzo Rittmeyer, allora sede delle truppe tedesche d’occupazione, furono lì giustiziate per impiccagione 51 persone. Per giorni i corpi delle vittime, prelevate dalle carceri cittadine o fermate per strada, furono lasciati penzolare dalle finestre e lungo lo scalone interno del palazzo che ora ospita il Conservatorio, come monito per la popolazione triestina. Quindici giorni prima la stessa sorte toccò a Opicina, dopo un attentato in una sala cinematografica, ad altri 72 ostaggi passati per le armi al poligono di tiro. Un mese più tardi, il 18 maggio, come rappresaglia per un attacco a un campo di lavoro dell’Organizzazione Todt furono impiccati altri 11 ostaggi. Negli stessi giorni iniziava a funzionare il forno crematorio della Risiera di San Sabba.

Per ricordare la strage di via Ghega e quel tragico periodo storico, per molti versi ancora avvolto nel mistero, l’Istituto regionale per la storia del Movimento di Liberazione nel Friuli Venezia Giulia, in collaborazione con il Conservatorio, la compagnia Bonawentura, il Comune e la Provincia, propone mercoledì 23 aprile alle 17, al Conservatorio stesso, un oratorio civile per voci e strumenti dal titolo “La sentenza è stata eseguita immediatamente”, presentato ieri alla presenza tra gli altri dell’assessore alla Cultura del Comune Franco Miracco e del direttore del Tartini Massimo Parovel.

Scritto dallo storico Roberto Spazzali e interpretato dagli attori Alessandro Mizzi, Laura Bussani e Lara Komar, lo spettacolo proporrà una lettura scenica intervallata da brani musicali di Mahler, Stravinsky, Brahms, Chopin, Pachelbel, Šostakovic. «Sarà una tessitura di parole e musica – spiega Spazzali - I testi sono testimonianze molto forti, ottenute nell’immediato dopoguerra da chi in quell’eccidio fu coinvolto: chi all’epoca era in carcere o chi attendeva il ritorno a casa del marito. I brani musicali in alcuni casi accompagneranno il testo, accentuandone l’effetto drammatico, in altri fungeranno da elemento straniante, per riflettere lo stato d’animo della città in quel momento rispetto a una tragedia che avrebbe voluto rimuovere, ma al cui interno era rimasta avviluppata».

Sono ancora tanti i punti bui di quella vicenda, racconta lo storico: ancora non si sa come fu compilato l’elenco dei 51 condannati a morte per impiccagione, non si sa chi ordinò e chi eseguì la strage. “È un delitto rimasto impunito – dice Spazzali -: questo vuole essere un lavoro di partenza per poi proseguire con la ricerca storica. Nessuno sapeva quello che stava succedendo dietro a quel portone di via Ghega, i cittadini e i parenti delle vittime lo scoprirono solo quando videro penzolare dalle finestre i cadaveri. Le salme furono recuperate solo 21 anni dopo».

«Si tratta di un episodio che non è stato mai approfondito – commenta Anna Maria Vinci, presidente dell’Istituto -: è importante farlo, soprattutto per i più giovani. Ora la Provincia sta cercando di organizzare la “Casa della memoria”. Il nostro Istituto vuole invece raccogliere le memorie della seconda generazione, di nipoti e congiunti delle vittime di questa e delle altre stragi di quel periodo». Chi abbia informazioni in merito è pregato di rivolgersi all’Istituto che intende riunire interviste, testimonianze, fotografie in una pubblicazione, per restituire a quei tragici eventi quello spazio e quell’attenzione che finora non hanno avuto.

Giulia Basso

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