Lavoro femminile a Trieste, la sindacalista: «Le donne pagano di più la crisi causata dal Covid. I dati andranno riesaminati»

La responsabile per le pari opportunità della Cgil regionale Giacaz: «Figli in didattica a casa e anziani da accudire, c’è chi deve mollare» 
Rossana Giacaz
Rossana Giacaz

TRIESTE Il dato confortante sull’occupazione femminile a Trieste non convince una sindacalista come Rossana Giacaz, responsabile sanità, welfare e pari opportunità per la Cgil regionale, che sul gap uomo-donna sui luoghi di lavoro vede nero.

Il motivo? Si chiama pandemia, che oggi, rispetto al 2019, non permette di sorridere più di tanto. Se prima del contagio globale, infatti, Trieste godeva di numeri meno critici rispetto ad altre regioni, le conseguenze della crisi potrebbero abbattersi sul nostro territorio in modo brutale, erodendo un vantaggio conquistato negli anni precedenti.

«Le statistiche vanno sempre analizzate con attenzione e non basta il dato numerico: è fondamentale capire quante, delle donne occupate prese in considerazione, siano lavoratrici a tempo pieno o part-time, magari involontario. In secondo luogo - evidenzia la sindacalista - purtroppo i dati in questione sono relativi al 2019, ma ora andranno rivisti alla luce dell’epidemia. Non vi è dubbio, infatti, che le donne stiano pagando il prezzo più alto della crisi».

Il punto cruciale rimane, secondo Giacaz, la conciliazione dei tempi di vita e lavoro. «Con i figli in didattica a distanza e gli anziani da accudire - spiega - per molte lavoratrici la scelta di smettere di lavorare o di ridurre l’impegno orario è stata obbligata. Oggi più che mai, quindi, diventa fondamentale investire su asili nido, scuole materne, riconoscimento economico per i cosiddetti caregiver. Mi auguro che due provvedimenti fondamentali come il Family Act e la legge regionale sulla famiglia mettano al centro la condizione femminile». —

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