Lavori senza gara, richiamo alla soprintendente Picchione
Quattro emergenze autocertificate in meno di due anni, per un milione e passa di lavori in regime di cosiddetta “somma urgenza”, svincolati cioè dagli obblighi propri delle gare d’appalto a evidenza pubblica. Lavori affidati per giunta sempre e comunque alla stessa impresa: una Srl di Roma, specializzata in restauri monumentali. Con buona pace dei criteri di rotazione predicati dal principio comunitario della libera concorrenza. Un modo di fare il proprio dovere di soprintendente regionale per i Beni architettonici e paesaggistici che è appena costato all’architetto Maria Giulia Picchione non solo un’istanza di accesso agli atti della Soprintendenza, avanzata dall’Assocostruttori che si appella alla legge sulla trasparenza delle pubbliche amministrazioni, ma anche e soprattutto un richiamo del superiore in grado, Pierpaolo Dorsi, il reggente ad interim della Direzione regionale per i Beni culturali dopo il pensionamento di Giangiacomo Martines.
In una recente, fitta, corrispondenza tra lo stesso Dorsi e Picchione, a quest’ultima è stato chiesto infatti da una parte di completare una pratica in sospeso e dall’altra di cambiare registro, il registro delle ditte selezionate appunto in casi di interventi urgenti che non richiedono il ricorso a bandi pubblici di gara. Il “casus” nasce, a quanto si capisce, quando la soprintendente informa di non averne più, in fatto di fondi a lei assegnati in qualità di Rup, cioè di Responsabile unico del procedimento di appalti di sua competenza, contando anche gli ultimi 250mila euro impegnati per il secondo di due interventi sulla Cinta muraria di Palmanova. È però un intervento e sono però soldi di cui la Direzione dice alla Soprintendenza di non essere al corrente. Picchione, evidentemente sollecitata, trasmette così il cosiddetto “Verbale di somma urgenza”. È datato dicembre 2013, e assegna i lavori per direttissima all’impresa Lepsa Srl di Roma. A quel punto, normativa alla mano, Dorsi obietta che la perizia giustificativa dei lavori gli sarebbe dovuta arrivare sul tavolo entro dieci giorni dal “Verbale di somma urgenza”. Ma siamo a primavera e quella carta lui non l’ha ancora vista, e di conseguenza non è nelle condizioni di poterla approvare. Due, secondo il capo dei soprintendenti regionali, possono essere le cose: o i lavori prima definiti urgenti non sono ancora partiti o sono stati interpretati e messi in coda al primo lotto, da circa 350mila euro, sulla medesima cinta della città stellata, pure questo affidato da Picchione con “Verbale di somma urgenza” alla ditta Lepsa.
Non è escluso - risulta anche che abbia osservato l’attuale direttore regionale per i Beni culturali - che di fronte a una circostanza del genere a Trieste possano arrivare da Roma gli ispettori del Ministero. Già, perché non è la prima volta che la soprintendente viene richiamata su questo argomento. Circa un anno fa l’allora direttore regionale per i Beni culturali Martines, il predecessore di Dorsi, a conoscenza di altri verbali “di somma urgenza” redatti da Picchione, l’aveva sollecitata a rifarsi al criterio di rotazione previsto tra l’altro dal Codice dei contratti pubblici del 2006, che aveva assorbito il principio comunitario di libera concorrenza. In realtà, ad oggi, le operazioni di restauro riguardanti la Cinta muraria di Palmanova, Palazzo Clabassi di Udine e Casa Bertoli di Aquileia risultano essere state tutte commissionate alla Lepsa di Roma, per un monte ingaggi da circa un milione e 50mila euro. Parte di queste informazioni la si legge peraltro nella dettagliatissima istanza di accesso agli atti che l’Assocostruttori ha depositato in queste ore a Palazzo Economo reclamando in sostanza di poter visionare, ai sensi della legge sulla trasparenza amministrativa, i documenti relativi ai lavori affidati da Picchione in regime proprio di “somma urgenza”.
@PierRaub
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