L’ateneo di Trieste boccia il cibo in ospedale. E la Regione prepara un’indagine

Spunta un report sepolto da fine 2018: pasti scadenti e vitamine a zero. Appalto in proroga nel mirino
L’interno dell’ospedale di Cattinara
L’interno dell’ospedale di Cattinara

TRIESTE Cibo scadente e con proprietà nutritive ridotte al minimo, a causa di lavorazioni che lo rendono molto lontano dal prodotto fresco. La qualità degli alimenti somministrati negli ospedali viene bocciata dai laboratori dell’Università di Trieste. La relazione risale al 31 dicembre 2018: il contenuto è emerso solo ora, ma resta di stringente attualità, perché i servizi di ristorazione della sanità regionale sono affidati alle stesse aziende di allora, nonostante appalti scaduti da un decennio e prolungati fino a oggi in regime di proroga.

Le analisi sui campioni di cibo parlano chiaro. Che si tratti di verdure, carne o pesce, si registrano valori antiossidanti crollati, vitamine drasticamente ridotte, processi ossidativi e cattivo odore. Tutto contenuto nella «relazione parziale» (non è dato a sapere se ne esiste una più estesa) inviata dall’Università al Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria, relativamente a campioni raccolti fra marzo e aprile 2018. Non si sa con quali motivazioni l’Azienda abbia commissionato lo studio, né quali siano stati i passi ufficiali successivi, ma davanti ai dati l’assessore regionale alla Salute Riccardo Riccardi parla di «possibili gravi responsabilità» e paventa la risoluzione del contratto di fornitura.

Oggi come allora, il servizio è offerto da Serenissima, colosso veneto delle mense con novemila dipendenti in tutta Italia e un fatturato da trecento milioni. La società opera a Trieste (Cattinara, Maggiore e Burlo) e Udine (Santa Maria della Misericordia, Gervasutta e presidio di Cividale), ma in città lo fa in proroga dal 2011 e anche nel 2020 l’Asugi ha rinnovato l’appalto di un altro anno con un esborso di cinque milioni. Gli appalti per la ristorazione in sanità, in cui non è coinvolta la sola Serenissima, valgono a livello regionale cento milioni all’anno. Risale al 2017 la volontà della giunta Serracchiani di bandire una nuova gara per l’affidamento del servizio che dà da mangiare a ricoverati e dipendenti. Non se ne fece niente e niente ha fatto la giunta Fedriga.

Al momento si procede col cosiddetto sistema “cook and chill”: Serenissima produce i pasti a Rovigo anche venti giorni prima del consumo, li raffredda, li conserva in atmosfera controllata e li consegna due volte a settimana alle varie sedi, dove vengono riscaldati e distribuiti. I risultati sono di bassissimo livello. Rispetto al prodotto cucinato espresso, i dati dell’ateneo dicono che la bieta passata ha una capacità antiossidante (Teac) più bassa del 74% e valori di vitamina A ridotti dell’89%. La vitamina A contenuta negli spinaci “cook and chill” è più bassa del 95% rispetto al prodotto di riferimento e la Teac segna il –42%. Si riducono sensibilmente anche i valori vitaminici della carne, ma in questo caso colpiscono i processi ossidativi dei grassi: i perossidi balzano in su del 227% nel caso del manzo e del 166% in quello del pollo. I problemi maggiori li dà il pesce: «I campioni (di verdesca, ndr) erano tutti caratterizzati da intenso odore sgradevole riconducibile alla degradazione dei composti azotati». I perossidi sono più di sei volte i livelli di riferimento e i valori di istamina superano i 400 mg per chilo.

Nonostante dati così problematici, il documento è rimasto sepolto in qualche cassetto dell’Azienda ed è emerso due anni dopo per l’insistenza del consigliere M5s Andrea Ussai. Per il grillino, «i cittadini devono sapere qual è la qualità del cibo che viene dato ad ammalati e dipendenti. La relazione evidenzia più dati problematici con una situazione preoccupante, tra perdita dei valori nutrizionali e sviluppo di composti ossidanti. Basta “cook and chill”: servono preparazioni espresse in sedi interne agli ospedali o vicine a essi per preservare la qualità. Invece si cucina in Veneto e si punta sul risparmio. Attendiamo da anni la nuova gara d’appalto: Riccardi assicura che è in preparazione, ma quando arriverà e su che criteri sarà basata?».

L’assessore non si fa pregare e sgancia la bomba: «Sono cose avvenute prima della mia nomina e di quella del direttore Antonio Poggiana, ma resto esterrefatto che nessuno abbia proceduto dopo simili dati. Andrò a verificare se c’è stata una contestazione all’impresa Serenissima: se così non fosse, ci sarebbero responsabilità pesanti da individuare all’interno di Asugi. Se i dati corrispondessero al vero, sarebbe un fatto molto grave e ci sarebbero elementi per la risoluzione del contratto». Riccardi auspica che una nuova gara sia presto bandita dall’Arcs: «Non esiste andare avanti con proroghe di questo tipo». L’assessore boccia infine il “cook and chill”: «Sono per tornare alla cuoca della mensa dell’ospedale». —


 

Riproduzione riservata © Il Piccolo