L’architetto e il paleontologo che animano i fossili con il 3D
TRIESTE Cosa ci fanno un architetto e un paleontologo seduti al San Marco davanti a un computer? La risposta a questa domanda, che sembra l’incipit di una barzelletta, cela invece un’avventura professionale che ha preso il via proprio fra i tavolini dello storico caffè letterario. Il ventinovenne Francesco Baldassarre, architetto triestino, e il trentacinquenne Gianpaolo Di Silvestro, paleontologo originario di Pescara, hanno una missione in comune: ridare forma e vita ai fossili preistorici. Le loro armi? Stampe in 3D di ultima generazione, software di modelling molto potenti e conoscenze approfondite nel campo della biologia, della paleontologia, delle scienze naturali e della geologia.
Dopo aver analizzato approfonditamente il reperto fossile e aver portato a termine un brainstorming con l’amico paleontologo, Baldassarre utilizza le proprie capacità di grafico per dare forma, attraverso uno specifico software 3D, al fossile stesso. L’essere vivente, a questo punto, riprende a vivere dentro allo schermo del computer.
È in questa fase del processo che interviene un’azienda belga, la stessa che stampa dei pezzi di ricambio anche per la Ferrari, la quale in sole ventiquattr’ore trasforma il file in un modello, utilizzando del materiale plastico atossico, e lo spedisce a Trieste.
Di Silvestro e Baldassarre sono gli unici ad applicare questa tecnologia 3D alla paleontologia, al punto che le più importanti realtà museali internazionali hanno creduto nel loro progetto. I loro modelli, infatti, sono stati acquistati dal Royal Ontarium Museum di Toronto, dal museo della scienza Tamarokuto di Tokyo e da un parco paleontologico della Corea del Sud. «Secondo dei docenti giapponesi - racconta con orgoglio Di Silvestro - i nostri modelli sono i migliori per la didattica». La loro unicità è rappresentata da una precisione nei dettagli che non è riproducibile attraverso altri sistemi di stampa. La ditta belga Materialize, infatti, è leader mondiale nel settore e utilizza dei macchinari del valore di diverse centinaia di migliaia di euro. Le competenze scientifiche di Baldassarre e Di Silvestro, inoltre, rendono i loro lavori scientificamente ineccepibili.
L’intero processo di lavorazione termina con quella che in molti hanno definito una vera e propria chicca. Si tratta dell’intervento del modellista Roberto Boschian, presidente dell’associazione Cims di Trieste. «Noi portiamo a termine lo studio per utilizzare i colori che si avvicinino il più possibile al reale - spiega Di Silvestro -, mentre è lui a pitturare i lavorati, sfruttando le sue indiscusse capacità da modellista». Di Silvestro, che ha fondato la Trilobite Design Italia, prepara e vende prodotti paleontologici, quali i fossili, ai musei e ai privati. L’avventura in 3D, che lo vede al fianco dell’amico architetto, gli permette di ampliare la propria offerta commerciale. «Con i nostri modelli - sottolinea il paleontologo di origini abruzzesi - il fruitore di un museo non è più passivo. Il nostro progetto fornisce nuovi strumenti di conoscenza alle persone e risponde alle esigenze di una musealità moderna».
I campi di applicazione di questi modelli sono teoricamente infiniti. «Potremmo rendere “vivi” i batteri - continua -, in modo da fornire strumenti didattici per una campagna di vaccinazione. Il Museo del mare di Trieste? Potremmo curare tutta l’esposizione didattica, come potremmo aiutare gli ipovedenti nella visita di qualsiasi polo museale». L’idea di fondo del progetto è quella di scardinare il paradigma di ogni esposizione, che prevede una vetrina fra il visitatore e il reperto museale. «Il tradizionale approccio ai musei - così Di Silvestro - deve fondersi con una nuova modalità di interazione, altrimenti non ci si può lamentare se la gente diserta questo tipo di esposizioni». Non è tutto oro, però, ciò che luccica. Questo progetto ha preso vita al tavolino di un caffè. Di Silvestro e Baldassarre non hanno bisogno di particolari strutture, infatti, ma necessitano di un po’ di tranquillità, che equivale alla possibilità di disporre di tempo e di denaro. «Ci siamo autofinanziati - conclude il paleontologo -. Abbiamo dimostrato di essere in grado di accollarci un rischio, ma adesso abbiamo bisogno che qualcuno creda nel nostro progetto».
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