L’appello dei teatri: «Serve chiarezza per poter ripartire»

Lo spettacolo dal vivo del Fvg rilancia la lettera aperta sottoscritta in tutta Italia: «I nostri sono luoghi sicuri»
Marco Ballico

TRIESTE. Il mondo dello spettacolo dal vivo chiede certezze, ma anche parità di trattamento. Lo fa anche in Friuli Venezia Giulia, condividendo e rilanciando la richiesta di Andrée Ruth Shammah, direttrice e regista del Franco Parenti di Milano. Una lettera aperta, sottoscritta da colleghi dei più importanti teatri italiani - dal Piccolo allo Stabile dell’Umbria, dalla Fondazione Romaeuropa al Biondo di Palermo - in cui si fa appello al ministro della Cultura Dario Franceschini per «avere l’indicazione di una data per misure meno restrittive sulla occupazione di sale e luoghi all’aperto». Altre firme, quelle delle star del cinema, si sono aggiunte al Festival di Venezia. Un pressing per sollecitare risposte da Roma perché, spiega Shammah, «fermo restando il possesso di Green pass valido e obbligo di mascherina, sarebbe importante aver indicazioni in modo da poter programmare produzioni e circuitazione degli spettacoli che, nelle ultime due stagioni, hanno subito cancellazioni e rinvii senza certezze».

Temi aperti anche sul territorio regionale. A pochi giorni dalla presentazione della stagione, il presidente del Rossetti Francesco Granbassi guarda soprattutto ai vaccini, fattore decisivo per tornare il prima possibile alla normalità, molto più dei tamponi ripetuti per chi il farmaco preferisce non farselo somministrare. «Più che al Green pass – spiega – io guarderei soprattutto al completamento del ciclo vaccinale. È la strada giusta per poter incrementare la capienza». Al Rossetti la stagione 2020-21 è stata complessa ma non del tutto negativa. Ma l’obiettivo è appunto di superare il 50% delle presenze in teatro, il limite attuale. Anche perché, così Granbassi, «i nostri sono luoghi sicuri, con gli stessi controlli di un aeroporto, tracciamento compreso, ma con la differenza che sui voli non c’è obbligo di distanziamento».

Si punta al ritorno al lavoro di tante, troppe persone che hanno visto paralizzata l’attività dalla pandemia. «Il 100% di spettatori sarebbe auspicabile dopo mesi di stop o comunque rallentamento – dice Valentina Milan, attrice di Hangar Teatri –: un modo per recuperare autonomia perché è complicato vivere sempre di aiuti. Il settore ha bisogno di ripartire e, nessun dubbio, lo farà nel rispetto di tutte le regole, come sempre dimostrato».

Sul tema delle disparità rispetto ad altre categorie interviene Enzo D’Antona, presidente della Cooperativa Bonawentura che gestisce il Miela. «Il messaggio sin qui diffuso è quello del teatro come di qualcosa di laterale, di secondario rispetto ad altri settori dell’economia – osserva D’Antona –. E invece il teatro è un’impresa e ha tutto il diritto di poter operare a pari condizioni. È un principio di giustizia: se in ristoranti e spiagge c’è il libero accesso, non si comprende perché chi fa spettacolo dal vivo debba essere penalizzato così pesantemente». La lettera di Shammah «è un ulteriore, encomiabile richiamo a una condizione di disparità che va risolta. Un grido di aiuto da parte di imprese che fanno molti più controlli di altri in funzione anti contagio e necessitano di certezze per programmare i calendari». —


 

Riproduzione riservata © Il Piccolo