L’Alta corte di Zagabria “salva” l’aborto

ZAGABRIA. L'aborto rimane legale in Croazia, ma il Parlamento dovrà aggiornare la normativa entro due anni. È questo il verdetto della Corte costituzionale di Zagabria, che si è espressa ieri su una denuncia presentata nel 1991 dall'associazione "Movimento per la vita e la famiglia", secondo cui la legge del 1978 che disciplina l'interruzione della gravidanza (autorizzandola entro le prime dieci settimane) sarebbe incompatibile con il nuovo ordinamento nazionale, nato dopo il crollo della Jugoslavia.
Per i giudici, che hanno sostenuto la decisione quasi all'unanimità (un solo contrario nel collegio dei tredici togati), i deputati croati dovranno provvedere ad adattare la legge di epoca jugoslava al nuovo dettato costituzionale entro un termine massimo di due anni.
Il Parlamento dovrà in particolare tenere in considerazione il fatto che l'attuale norma sull'aborto «contiene delle disposizioni che non esistono più nell'ordinamento croato», data l'introduzione dopo il 1991 di «un impianto legale ed istituzionale completamente nuovo per quanto riguarda i sistemi sanitario, sociale, scientifico ed educativo».
La Corte ha anche invitato i deputati ad aggiungere alla nuova legge delle misure educative e preventive, tali da «rendere un'eccezione l'interruzione della gravidanza».
Come ha precisato il presidente del tribunale Miroslav Separovic, «le corti costituzionali sono concordi nel ritenere che la risposta alla domanda su quando inizi la vita non si trovi all'interno della giurisdizione delle corti, ma nei parlamenti».
Separovic ha spiegato che l'attuale legge croata in materia di aborto «non è armonizzata con la costituzione», ma che «la Croazia ha generalmente accettato le norme e gli atti della Jugoslavia e della Repubblica socialista di Croazia fino all'adozione di nuove leggi».
Unico giudice ad aver votato contro la decisione, il presidente Separovic ha ricordato che «diversi documenti internazionali proteggono il diritto alla vita come un diritto umano fondamentale» e che Paesi come Andorra o Malta vietano completamente l'interruzione di gravidanza.
Rimasto irrisolto per 26 anni, il caso aperto dal movimento anti-abortista «per la vita e la famiglia» si trasferirà ora dalla corte costituzionale ai banchi del Parlamento, riaccendendo il dibattito nel paese. Questa settimana, le dichiarazioni del ministro degli Esteri croato Davor Ivo Stier al Consiglio Affari Esteri dell'Unione europea hanno già rianimato la discussione in materia.
Esprimendosi sulle priorità degli organismi delle Nazioni Unite per il 2017, Stier ha assicurato che la Croazia si impegnerà «a promuovere e a proteggere la famiglia tradizionale, basata sull'unione di un uomo e di una donna, come unità naturale e fondamentale della società».
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