La super panettiera di via Commerciale lascia dopo 60 anni
TRIESTE Nella sua vita, Antonietta Voci si è sempre guadagnata il pane con il duro lavoro e tanti sacrifici. Da quando aveva 23 anni, ogni giorno, la sveglia alle 5.30 per andare a servire i clienti della sua panetteria di via Commerciale 156, tanto con la febbre a 39 quanto al nono mese di gravidanza: «Dovevo stare proprio male per non andare a lavorare». Andata formalmente in pensione al suo sessantesimo compleanno, ha deciso di proseguirefino al primo gennaio 2018, quando, a 81 anni, ha abbassato per l’ultima volta la saracinesca del negozio. «Una forza della natura – assciura l’affezionata nipote Adriana Posca –. Io vorrei invecchiare come la mia cara superzia, con la sua voglia di vivere e, sempre, con il sorriso sulle labbra». Sessant’anni di gioie e dolori dietro al bancone.
Unica figlia nata a Trieste da una famiglia numerosa, Antonietta sarebbe dovuta divenire una sarta, per volontà della madre. Ma la sua propensione a stare in mezzo alle persone l’ha portata, verso la maggiore età, a lavorare come apprendista in una rivendita di pane. Quando il suo datore di lavoro acquistò un nuovo negozio, Antonietta fu assunta, nel ’59, a paga settimanale. Divenne poi gerente fino al 1981, amministrando la panetteria in prima persona. Non, però, senza il prezioso aiuto del marito, che l’accompagnava nelle consegne a domicilio del pane, e, più tardi, anche dei figli Maurizio e Annamaria.
«La notte di una vigila di Natale – racconta Antonietta – c’era una bora che Dio la mandava. Abbiamo finito di lavorare alle 21.30 e siamo dovuti tornare a piedi perché la strada era ghiacciata. Ancora oggi, sto cercando i pacchi volati via quella volta». Poi, quando il padrone decise di vendere il negozio, lei lo acquistò, anche su consiglio della madre. E, dopo due anni di sacrifici, riuscì a ripagare il mutuo. Da allora, ha venduto fino a 140 chili di pane al giorno, cui si sono aggiunte nel tempo anche le merci degli esercizi commerciali nelle vicinanze che dovettero chiudere (il bar, la drogheria, il fruttivendolo, gli alimentari e così via). Infatti, con il diffondersi dei grandi supermercati, la vita era diventata difficile per le piccole imprese e, addirittura, Antonietta doveva chiudere il negozio al pomeriggio. Non riceveva più clienti e non riusciva a vendere appena tre chili di pane al giorno, nell’ultimo periodo.
«Ho continuato a tenere aperto il negozio finché ho potuto – racconta commossa – e l’ho fatto soprattutto per tutte le persone affezionate che venivano ancora da me». «Vien de Antonietta che ga una bona bighetta», era solita dire ai suoi clienti. Nonostante tutto, Antonietta è sempre rimasta allegra e ottimista, con la barzelletta sempre pronta. Anche di quelle più “sconce”, da quanto dice. In effetti, alla richiesta di raccontarne qualcuna, ci pensa un poco e ne tira fuori una che potrebbe mettere in imbarazzo anche la generazione corrente. Lei, da giovane, assicura di essere stata una bella ragazza, e anche piuttosto corteggiata dai suoi stessi clienti.
«Ma per mi xé sta solo mio marì», puntualizza Antonietta. Una volta, ha trovato perfino un cuore con una freccia dipinto sulla saracinesca del negozio, ma non è mai riuscita a risalire all’autore. «Era il negozio dell’allegria, quando era aperto: si cantava e si rideva. Anche con gli altri commercianti ci si aiutava, e non eravamo in concorrenza. Quando moriva qualcuno, era come se fosse morto un nostro familiare», ricorda. «Amicizia, fratellanza e umanità» sono le parole che sceglie per descrivere le relazioni con le altre persone. «I rapporti umani erano più stretti e sentiti – afferma –. Con i supermercati, invece, non c’è più il dialogo di una volta». Ancora oggi, dice di ricordarsi di praticamente tutti i suoi clienti. In particolare, le sono rimaste nel cuore «la signora Uccia», che le era molto affezionata e alla quale portava il pane nella sua casa di fronte al negozio. O, ancora, «la signora Ferluga e Bianca», che fino all’ultimo momento andava a comprare il pane da lei. «Ci sarebbero tante altre persone da ricordare, ma non finirei più. Quindi, ringrazio, tanto, tutti», conclude Antonietta, che, oggi, continua a tenersi in forma frequentando i balli di gruppo e andando a nuotare in piscina.
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