La Soprintendenza perde il potere assoluto

Il Piano paesaggistico fornirà certezze ai cittadini: il parere dei Beni architettonici non sarà più vincolante

TRIESTE. La Soprintendenza per i Beni architettonici, come altri organi di controllo, per alcuni è sinonimo di divieto. Un freno “arbitrario”, secondo l’opinione diffusa, o “discrezionale” per dirla in burocratese. Termini che sono destinati a sparire dal vocabolario di cittadini e imprese private, anche del Friuli Venezia Giulia. Perché tra tre anni, se tutto andrà per il verso giusto, non sarà più questo ente a stabilire se una veranda, un tetto, un abbaino o quant’altro si possono fare o no. Sarà il Piano Paesaggistico regionale a determinare una volta per tutte cosa è consentito. Darà certezze: chiunque potrà trovare direttamente lì le linee guida su come (e se) intervenire in determinate aree sottoposte a vincoli. Lo potrà fare prima di decidere come muoversi, senza temere brutte sorprese a posteriori. Che, come noto, spesso vengono impugnate davanti al Tar.

Sarebbero una cinquantina i ricorsi avviati nel 2013, a fronte dei 5-6 che risultavano nel 2011. Basterà consultare il Piano, appunto. Una sorta di istruzioni per l’uso. Quella che gli addetti ai lavori salutano come una vera e propria “rivoluzione” nel settore, è contenuta in un documento denominato “Disciplinare”. È a tutti gli effetti un protocollo d’intesa tra il ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo e la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia siglato in questi giorni. Con questo atto sì dà avvio alla procedura tecnica che porterà, tra tre anni, a formulare il Piano Paesaggistico regionale. La nuova Bibbia che manda in soffitta anni di divieti. Il “Disciplinare” regola le procedure tecniche, le modalità operative e il crono-programma che porterà alla stesura definitiva per un unico strumento valido sull’intero territorio. Fatto il Piano, il Fvg disporrà di una mappa particolareggiata di tutti i vincoli esistenti, compresi quelli di carattere monumentale. I funzionari adesso dovranno darsi da fare e cominciare innanzitutto con una ricognizione approfondita di ogni angolo del Fvg, tenendo conto – si legge negli atti – «delle caratteristiche storiche, naturali, estetiche e delle loro interrelazioni e alla conseguente definizione dei valori paesaggistici da tutelare, recuperare e valorizzare».

Un’analisi a tappeto, che investirà pure gli immobili le aree dichiarate «di notevole interesse pubblico» in base al Codice nazionale del 2004, con l’obiettivo dichiarato «di specifiche prescrizioni per la riqualificazione delle aree degradate». Per scrivere il Piano servono esperti: ecco che il protocollo ministero-Regione ha pure istituito un “Comitato tecnico paritetico” composto da dirigenti ministeriali, il Soprintendente per i beni architettonici e il Soprintendente per i beni archeologici e le direzioni regionali competenti. L’assessore Mariagrazia Santoro, che ha sottoscritto l’accordo con Roma, è soddisfatta: «La prima intesa era del 2006, ora noi abbiamo firmato l’atto operativo che dà al nostro lavoro tempi e contenuti concreti. Insieme al ministero concorderemo un documento con regole chiare e definite. Sono molto ottimista – aggiunge l’assessore – perché il ministero si è dimostrato molto disponibile e collaborativo a preparare un Piano che tenga conto delle trasformazioni in regione, che sappia coniugare il tema della tutela con quello dello sviluppo. Credo infatti che la tutela non debba essere intesa come una cappa di vetro sul territorio».

Il parere della Soprintendenza continuerà sì ad essere «obbligatorio», ma non più «vincolante», evidenzia ancora l’assessore. Perché per questo ci sarà proprio il Piano. «Viene privilegiato il valore estetico – osserva invece Giangiacomo Martines, direttore regionale per i Beni culturali e paesaggistici, braccio ministeriale in Fvg – mentre prima la pianificazione si faceva sulla base dell’urbanistica. Il questo modo si supera l’arbitrarietà dei giudizio degli organi di controllo». (g.s.)

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