La musica tra web e tv: «Ma nulla ci può restituire l’atmosfera dei teatri»
Concerti in streaming, esibizioni in televisione, ma anche approfondimenti su temi di cultura musicale diramati attraverso le web-tv. Con la chiusura dei teatri, anche l’ampio universo della musica dal vivo ha tentato di scindersi in mille rivoli diversi pur di non scomparire. Un attivismo incarnato dai rappresentanti del settore, musicisti, direttori d’orchestra e manager che dopo tanti mesi di stallo non sanno ancora nulla di quel che sarà del ritorno dei concerti sul palco.
«Lo spettacolo non rappresenta una priorità del governo, non è percepito come un bene primario. Non voglio dire che il mondo della cultura sia stato bistrattato, ma è evidente che siamo stati messi in secondo piano – spiega il manager Luigi Vignando, direttore generale della società di management Vigna Pr – Tuttavia, non mi sento di dire che siamo stati abbandonati. Anche perché sono convinto che parte della responsabilità sia da attribuire a noi: non siamo stati in grado di far capire fino in fondo che il nostro, oltre a essere un settore importante per l’anima, è un lavoro vero e proprio, che smuove un indotto considerevole in termini di lavoratori».
E sono infatti anche economiche le ragioni di tanti sforzi fatti per sopravvivere, come spiega Claudio Mansutti, direttore artistico della Fvg Orchestra: «In occasione dei 250 anni dalla nascita di Beethoven, abbiamo organizzato cinque concerti nei principali teatri della Regione. Ogni spettacolo è stato registrato e divulgato in streaming – afferma Mansutti, che ricopre anche il ruolo di direttore della Fondazione Bon -. Attraverso quell’impegno, abbiamo garantito uno stipendio ai musicisti dell’Orchestra quasi fino alla fine del calendario delle attività. La cassa integrazione è scattata solo per dieci giorni, contro i due mesi previsti se non avessimo fatto spettacoli».
In mancanza di teatri e luoghi culturali, i canali della rete non sono stati gli unici luoghi a dare vita ai concerti. Anche la piattaforma televisiva, in molti casi, si è prestata a ospitarne. «Il concerto deve essere visto dal vivo. Per essere sfruttato sul web deve adattarsi, non può essere una semplice trasposizione – sottolinea Valter Sivilotti, direttore dell’Orchestra dell’Accademia Musicale Naonis di Pordenone -. Piuttosto che puntare su internet, abbiamo preferito investire su un incremento delle realizzazioni televisive. Anche se ci rendiamo conto che nessuno schermo potrà mai riprodurre l’atmosfera che si respira nei teatri».
La potenziale introduzione di una cosiddetta zona bianca che consenta la riapertura dei luoghi culturali nelle regioni virtuose sembra non illudere nessuno. Molti sono convinti che, se anche teatri e sale da concerto tornassero attivi domani, ciò non significherebbe riacquisire la garanzia di un pubblico. «Sono convinto che la gente ora non abbia in testa né il cinema, né il teatro, né lo spettacolo – afferma il presidente della società di concerti e spettacoli Azalea Loris Tramontin, che in un anno ha visto il valore dei biglietti dei concerti che organizzava calare del 60% - Purtroppo il nostro settore è stato il primo a chiudere e sarà l’ultimo a riaprire. Ma anche se tornassimo a lavorare domani, gli spettatori non parteciperebbero molto volentieri. Siamo tutti pieni di paura, ormai ci hanno inculcato il terrore».
Febbraio intanto si avvicina. E con il suo arrivo, si “celebrerà” il primo anniversario di vita trascorsa sotto la pandemia, il primo anniversario di quotidianità regolata da decreti, chiusure ed entrate contingentate. «Se i teatri non riaprono al più presto, alla lunga si creerà un po’ di pigrizia tra chi era solito andare a godersi un bel concerto – sostiene Fedra Florit, direttore artistico dell’associazione Chamber Music – Nel primo lockdown avevamo trasmesso spettacoli online. Ma già dopo la seconda chiusura, ci siamo accorti che era una modalità poco efficace. I concerti in streaming hanno poco successo. Io stessa, se provo a seguirne qualcuno, mi ritrovo delusa».
Oltre al timore di dover rieducare a sinfonie dal vivo una platea plasmata dall’incubo di contagi e coprifuoco, i professionisti della musica temono che la stessa organizzazione dei concerti sarà più macchinosa. E, soprattutto, molto più onerosa: «L’estate scorsa, quando abbiamo ripreso le nostre attività, la risposta del pubblico è stata straordinaria, la gente aveva voglia di uscire, aveva voglia di cultura - afferma Romolo Gessi, direttore dell’Orchestra da camera Fvg -. Ma le nuove linee guida hanno appesantito ogni fase di coordinamento. Una volta che i teatri riapriranno, sarà richiesto molto personale in più per i controlli. Con il risultato che le spese aumenteranno. Al contrario delle entrate, che saranno inferiori per via dei minori ingressi».
Non è l’unico a porsi il problema. Tanto che c’è già chi immagina di accontentare lo stesso numero di spettatori di un tempo, proponendo più volte lo stesso spettacolo: «Quando le strutture riapriranno saranno comunque a regime contingentato – spiega Marco Feruglio, direttore artistico del teatro Giovanni da Udine – Così stiamo ipotizzando per la musica un’organizzazione che consenta diverse repliche. È giusto che i limiti vengano rispettati, ovviamente. Ma vogliamo consentire al maggior numero di persone di prendere parte dei concerti e degli spettacoli che proporremo».
In tempo di Covid-19 il ritorno alla normalità non va aspettato. Ma va in qualche modo costruito, attraverso escamotages che rientrino nei margini dei vari Dpcm: «Facciamo fatica a garantire l’insegnamento in presenza ai nostri allievi – dice il presidente del Conservatorio Tartini di Trieste Lorenzo Capaldo – Per le lezioni teoriche ci siamo adeguati alla didattica a distanza. Per quelle pratiche invece abbiamo potuto ricorrere alle deroghe concesse alle lezioni laboratoriali, che sono state mantenute in presenza». —
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