La Mosca di Putin, il piccolo zar muscoli e lifting

TRIESTE Come sarà, per Vladimir Putin, l'anno che verrà? In uniforme, si presume. Per la Russia il lascito del 2015 è un lascito da campagna militare. Dopo "l'operazione patriottica" in Ucraina con la riconquista della Crimea, il piccolo zar ha deciso di mostrare ciò che vale in Medio Oriente. La motivazione è quella della lotta contro l'islamismo terrorista con la sua perenne pressione sui territori russi del Caucaso.
L'abbattimento sul Sinai del volo Sharm el Sheikh - Pietroburgo ha messo il Cremlino con le spalle al muro. Anche se volesse non può abbassare la guardia né può contare sulla solidarietà occidentale che è stata di circostanza e declaratoria. Al contrario.
Nel momento peggiore missili turchi hanno ridotto in cenere un Suhoj 23 sopra un territorio di incerto controllo, mentre la Nato con ampia prova di intempestività annunciava di voler estendersi al Montenegro, come se si trattasse di un affare di massima urgenza e indispensabile per la sicurezza della fortezza Europa.

Durante la clamorosa conferenza stampa di fine anno per Putin è stato agevole sgranare il più classico rosario delle dolenze russe, dalla congiura internazionale all'incomprensione per le legittime necessità di sicurezza. Sono sentimenti condivisi dal popolo e di conseguenza il consenso vola: siamo all'81 per cento, con la residua e velleitaria opposizione anticonformista ridotta al monologo solitario.
Per misurarsi con la Russia bisogna capirla, tentare di afferrarne il mistero, di quale sia il filo che lega il boscaiolo siberiano al comandante della stazione orbitale nello spazio. Magari sarebbe utile sfogliare Tolstoj e Dostoevskij ma i politici che maneggiano il dossier Russia non lo fanno.
Nell'impagabile graduatoria dei cretini, compilata dall'indimenticabile professor Carlo Cipolla, il cretino più cretino di tutti è colui che volendo far male al prossimo fa male soprattutto a se stesso. Ecco gli effetti delle sanzioni europee comminate alla Russia a causa dell'affare ucraino. Le nostre esportazioni sono in calo e la popolarità di Putin in crescita.
Bell'affare se l'intenzione era quella di segare le gambe al trono del piccolo zar. Il quale esibendo muscoli da palestra e lifting al botulino continua ad atteggiarsi come se nulla possa scalfirlo, né la riduzione del 10 per cento dei redditi reali, né il calo dei prezzi di gas e petrolio, né la devastante corruzione di ogni ramo della burocrazia.
La Russia è "too big to fail", troppo grande per fallire, come si diceva per gli imperi finanziari? Forse, ma è un problema che al momento non pare riguardi il vasto popolo dei putiani, intesi come abitanti dell'orwelliano pianeta Putin.
Secondo i sondaggisti del centro a Levada in 15 anni di potere, il presidente ha ridato ai russi un rinnovato senso di appartenenza e di orgoglio nazionale. Il 70 per cento di essi è convinto che la Russia sia di nuovo una grande potenza capace di affrontare alla pari sfide planetarie, a cominciare dal "bonus patriottico" da spendere nella diatriba con l'Ucraina e con la Turchia, e in prospettiva nel Baltico e lungo la linea Varsavia - Bucarest, se la Nato continuerà ad espandersi verso oriente. Considerare la Russia come un perenne problema da guerra fredda e non parte di una sincera alleanza contro il terrorismo, non depone a favore della lucidità e della lungimiranza degli strateghi atlantisti.
Sotto scacco dell'impietosa campagna per le presidenziali Obama tace e Putin si permette di sbeffeggiarlo alludendo alla "brillantezza" di Donald Trump. Uno che vagamente gli assomiglia a Mosca, ma senza averne il patrimonio, è il fiammeggiante comunista Zhirinovskij, ma anche lui ha deposto la spada adeguandosi alla dottrina patriottica del rinascimento russo che nella visione di Putin ha seppellito ogni residua ideologia, dal panslavismo mistico dell'Ottocento al bolscevismo "metallurgico" di Lenin.
I miti oggi in voga non sanno di fresco, al contrario, sanno di riesumazioni, se è vero - come raccontano nel cerchio ristretto del Cremlino - che Putin spesso si dedica alla lettura dei testi di Ivan Ilin, un filosofo hegeliano, anticomunista e antisovietico, fuggito in Germania nel 1922 e ivi morto trent'anni dopo. Uno che durante il nazismo parlava di «patriottismo del popolo germanico, del suo senso dell'onore, del sacrificio e della disciplina», in una continuità di pensiero religioso influenzato dall'idealismo tedesco.

Lasciati in mani inesperte sono pensieri pericolosi, ma non introvabili sulle bancarelle dei libri sull'Arbat, dove del resto si vendono senza censure "I protocolli dei savi di Sion" e il "Mein Kampf" di Hitler. I russi, ovviamente, non ci pensano. È Natale per tutti, anzi qui si presenta in duplice versione: quella dello shopping che va sempre bene nonostante conflitti ed embarghi, e quella dello spirito in linea con il vecchio calendario e con il magistero del patriarcato ortodosso, il "vero depositario dell'insondabile profondità dell'anima russa".
La notte del 6 gennaio Putin assisterà alla liturgia della Natività nella cattedrale del Cristo Salvatore per confermare una "salvifica" fraternità con il patriarca Kirill. Eleverà, il piccolo zar, preghiere per il proprio futuro? Naturalmente, anche se la parte politica sembra più che al sicuro. Nel 2018 non si esclude affatto una ricandidatura per un quarto mandato fino al 2024.
Poi, volendo, Putin potrebbe procedere con la mossa già sperimentata dell'arrocco, cioè scambiarsi con l'arrendevole sodale Dmitrij Medvedev, in attesa di rimontare in sella nel 2030. Avrebbe, a quel punto 78 anni, in linea perfetta con i gerontocrati sovietici. Ma si sa, oggi palestra e botulino fanno miracoli.
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