La missione di Letizia: «Preparo le salme perché l’addio sia meno penoso»

Ha 41 anni e un passato da informatica. Ottenuto il diploma di tanatoestetica lavora nelle case e negli obitori a tu per tu con i parenti in lutto
Gli strumenti e i prodotti per la tanatoestetica utilizzati da Letizia Alongi (in foto)
Gli strumenti e i prodotti per la tanatoestetica utilizzati da Letizia Alongi (in foto)

MONFALCONE Per trovare un lavoro si è messa a seguire corsi su corsi. Alla fine, ne ha frequentato uno a Milano di tanatoestetica, appassionandosi della materia e aprendo, da qualche mese, partita Iva. Da allora, a domicilio, ma anche nelle camera autoptiche delle onoranze funebri e degli obitori, non si separa mai dalla propria valigetta con i ferri del mestiere: forbici e pinze, cosmetici e detergenti, aghi e filo, pettini e spazzole, ganci e separatori. Letizia Alongi è del 1979, ha un marito e due figli. Con la famiglia si è trasferita a Cervignano una quindicina d’anni fa, in cerca di una professione migliore.



A Palermo, la sua città di origine, lavorava nell’informatica, ma voleva qualcosa di più e di diverso, magari legato alla sua passione per la medicina. «Ora mi occupo della cura, del ripristino, della preparazione delle salme per l’ultimo saluto, attraverso make up e tecniche di camouflage, per nascondere eventuali cicatrici, variazioni di colore e pallore. Con prodotti specifici, faccio tornare il corpo allo stadio precedente, riducendo l’impatto emotivo di chi lo vede e aiutando parenti e conoscenti ad elaborare il lutto».

Certo, se lei il proprio lavoro lo ama e lo racconta con gran passione, altri, nel parlare con questa ragazza e nel sapere di cosa si occupa, «di solito reagiscono in due modi: o ne rimangono affascinati oppure ci sono i gesti scaramantici. La tanatoestetica – specifica – è qualcosa di tutto sommato nuovo in Italia e la mia professione non può quindi non suscitare curiosità».

Letizia riceve chiamate dalla regione e dal Veneto. Sempre con addosso camice, mascherine, guanti e altri dispositivi di protezione individuale, interviene prontamente, «entro quattro ore dal decesso, perché poi il corpo diventa rigido». Le espressioni di chi la vede arrivare si possono facilmente immaginare: «Sono accolta spesso da facce fredde, severe: non vedo molte lacrime. Non per un fatto di sensibilità, ma, a differenza del Meridione, nel Nord c’è una maggior compostezza, un modo diverso di elaborare il dolore. Inoltre, al Sud è spesso praticata la veglia funebre, mentre in Settentrione la salma molte volte non viene nemmeno esposta». Ma nelle morti di Covid-19, l’intervento di tanatoestetica non è possibile. «Sì – precisa Letizia –. I morti per coronavirus non possono venire trattati. Vengono sistemati nelle bare avvolti in lenzuola o sacchi specifici, nudi e opportunamente disinfettati». –

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