La minaccia Burgo: «Svolta a febbraio o 124 licenziamenti»
TRIESTE Riesplode la vertenza Burgo. Ci ha pensato la stessa azienda a creare le premesse di un autunno ad alta temperatura, quando il 21-22 settembre, in occasione del periodico confronto con i sindacati a Vicenza, ha preannunciato che, qualora non vi siano evoluzioni positive per la riconversione della “linea 2” alla Cartiera del Timavo, non vi saranno ulteriori ammortizzatori sociali per 124 lavoratori e partiranno le lettere di licenziamento.
I sindacati nazionali e territoriali hanno subito risposto picche ai portavoce del gruppo, per un paio di settimane hanno meditato silenziosamente sul pesante avvertimento lanciato dalla controparte datoriale, poi in questi ultimi giorni ha cominciato a prendere forma una linea di reazione più esplicita.
A suonare forte l’allarme e a far capire che Burgo non scherza, le notizie provenienti dal Piemonte, dove a Verzuolo (Cuneo) la società ha chiuso una linea produttiva (la numero 8) attivando 143 procedure di licenziamento: è sceso in campo il governatore “dem” Sergio Chiamparino, che ha incontrato sul posto il presidio dei lavoratori.
Il 26 settembre le categorie di Cisl-Cgil-Uil hanno chiesto un incontro al presidente del Fvg Debora Serracchiani, che nel recente passato ha personalmente seguito la vicenda dello stabilimento di San Giovanni: da quasi venti giorni attendono una risposta, ricorda il segretario regionale di Fistel Cisl (prima sigla nella fabbrica di San Giovanni) Massimo Albanesi. Come del resto attendono una risposta dai Comuni dei territori triestini e goriziani, dove risiedono la gran parte dei 340 dipendenti: i sindacati sollecitano l’interessamento dei sindaci come pressing sulla Regione e sul gruppo cartario.
La delegazione Burgo è stata molto chiara durante la “due giorni” vicentina di settembre. Ha riepilogato gli incontri al Mise del 9 giugno e del 27 luglio, durante i quali si era palesato e ribadito l’interesse della Cartiera di Ferrara a intervenire nella riconversione produttiva della “linea 2”.
L’idea di massima prevede che, in luogo dell’obsoleto “patinatino”, si passi al cartoncino sotto forma di “anima delle bobine” (per esempio, il cilindro attorno al quale si avvolge la carta igienica). Però dal tempo di quegli appuntamenti risalenti alla stagione primavera-estate, cui ha partecipato il patron dell’azienda estense Giulio Spinoglio, Burgo non ha ricevuto più notizie, né da Ferrara né dalla Regione Fvg, che pure aveva manifestato la volontà di sostenere la riconversione con gli strumenti a disposizione.
Tutto ciò premesso, la Burgo avvisa i naviganti: se il partner non salta fuori con quattrini e progetto, il 1° febbraio 2018, allo scadere dei due anni di contratto di solidarietà, 124 lavoratori saranno licenziati, perché l’azienda non è intenzionata a ricorrere ad altre forme di ammortizzatore sociale. Altre forme - hanno obiettato i sindacati - che comunque ci sarebbero: un altro anno di solidarietà o sei mesi di cassa integrazione. Eppoi Burgo, quando aveva firmato l’accordo del 26 novembre 2015 al ministero dello Sviluppo Economico, aveva garantito un impegno totale e non parziale sulla riconversione della “linea 2”.
Ma il problema di fondo è che siamo a metà ottobre e che mancano solo tre mesi e mezzo alla scadenza del contratto di solidarietà: riusciranno i nostri eroi a reperire le risorse e a commissionare un impianto di non banale realizzazione in tempi sufficienti a evitare il tackle gamba/palla della Burgo e il conseguente conflitto sociale?
Sulla vicenda sono intervenuti con note scritte la Cgil della Cartiera (firmata da Maurizio Goat) e il segretario generale di categoria Uil, Luca Mian (che è anche “rsu” nello stabilimento duinese). Cgil lancia un’idea, sulla quale converge Uil: inserire l’area della Burgo - o parte di essa - all’interno della Zona franca legata al porto internazionale di Trieste. Una decisione che il gruppo potrebbe negoziare con l’Autorità portuale. Agevolazioni fiscali, abbattimento dell’accisa sull’energia per trasformazioni industriali di merce estera extra Ue destinata al mercato estero: Burgo avrebbe un vantaggio non indifferente - propone la Cgil - dal momento che importa extra Ue il 35% di materie prime ed esporta extra Ue un quinto del prodotto finito. Mian ricorda che nel consiglio di amministrazione Burgo siedono esponenti qualificati della finanza nazionale, da Enrico Laghi ad Alberto Franzone: il loro obiettivo non può essere solo quello di tagliare l’indebitamento del gruppo, ma soprattutto quello di riposizionare l’azienda sui nuovi segmenti di mercato.
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