La leggenda del vampiro sopravvive a Kringa
UMAGO
Non vuol farsi mancar nulla, l’Istria dei turisti. Neanche il vampiro. Non proprio un principe Vlad, il Dracula della Transilvania, ma una leggenda di morte nata qualche cent’anni fa e che adesso serve a giustificare addiruttura un museo. L’esposizione permanente si trova a Kringa, verso il centro della Penisola istriana, ed è aperto dal tardo pomeriggio fino a buio. Come si conviene a una storia noir. Da Antignana si taglia dentro per strade poco battute ma calcate per secoli e secoli da pellegrini e commercianti, e si arriva a Kringa, in italiano Curridico.
Anticamente era paese di confine tra i possedimenti veneziani e i conti di Pisino, legati alla casa d’Austria. Dal campanile della chiesa, si passa a un piccolo cimitero. E il cimitero è stato teatro della leggenda del vampiro. Muore un contadino, Jure Grando nel 1672 e viene sepolto secondo le usanze religiose. Sulla sua tomba il prete officia la cerimonia funebre, si butta il pugno di terra per ricordare da dove veniamo e dove siamo destinati a tornare. Jure appare ben presto al prete che aveva officiato il rito e poi visita di notte i paesani che erano andati dietro la sua bara.
Ben presto dopo le apparizioni la gente moriva. Si spande il terrore e i cittadini con l’autorità civile di Corridico o Kringa decidono di aprire la tomba e verificare se il corpo di Jure Grando è sotterrato. Il corpo c’è ma il viso del defunto ride sfacciatamente ai cittadini . Allora si prova a trafiggere il petto del diabolico cadavere ma i pali rimbalzano senza scalfire il corpo. Allora gli tagliano la testa. Jure Grando si dimena come impazzito e la tomba si riempie di sangue.
Non come il principe Vlad che succhiava sangue ai suoi sudditi pretendendo balzelli e tasse eccessive: Jure Grando è stato sepolto in stato di catalessi e si è poi risvegliato dal sottosuolo vendicandosi di chi l’aveva sepolto senza accertarsi dell’avvenuto decesso. Il culto ancestrale dei morti prevede a volte di trafiggere il cadavere col solo scopo di inumare chi è morto per davvero.
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