La Grecia recupera le salme dei suoi soldati in Albania

Raggiunto l’accordo fra Atene e Tirana per dare sepoltura agli ultimi 8mila militari morti in battaglia contro gli italiani nel 1940 e ancora dispersi in fosse di fortuna

BELGRADO. Sono fra gli ultimi dispersi della Seconda guerra mondiale, i caduti di un esercito che tra il 1940 e il 1941 si oppose con coraggio all’invasione delle forze italiane di occupazione. Caduti che, più di settant’anni dopo, troveranno presto una degna sepoltura. E nel cui nome nel frattempo è stato facilitato un sincero riavvicinamento - anche se avvelenato da qualche battibecco - tra due capitali storicamente conflittuali, Tirana e Atene.

I caduti sono circa 6-8mila militari ellenici, che perirono nelle battaglie contro l’esercito italiano tra il 1940 e il 1941 sui monti nel sud dell’Albania, durante l’invasione voluta da Mussolini per «spezzare le reni» alla Grecia, risoltasi quasi subito in una disfatta. Abbandonati o sotterrati in fosse di fortuna dopo la morte, rimangono ancora oggi dispersi in campi e montagne nella parte meridionale dell’Albania. Ancora per poco, è la speranza di Atene. Il ministero degli Esteri greco retto da Nikos Kotzias ha infatti annunciato in una nota l’inizio degli scavi in territorio albanese per ritrovare i corpi, quelli degli «ultimi caduti non sepolti della Seconda guerra mondiale».

Il ministero ha spiegato anche i contorni della complessa vicenda che sta portando alla grande operazione di recupero di migliaia di resti umani. L’operazione, condotta da team del ministero della Difesa albanese e esperti dei due Paesi, sarebbe dovuta scattare già nel 2009, quando per la prima volta Atene e Tirana si accordarono sulla ricerca dei caduti greci, un’aspirazione decennale quest’ultima della nazione ellenica. Le promesse allora rimasero sulla carta, ma lo scorso novembre sono state rispolverate in un «vertice a Creta, dove sono stati concordati» - precisa il ministero greco - i passi da compiere per ritrovare i soldati dispersi. Passi che si sono tramutati in azioni concrete in questi giorni.

E che hanno portato subito ai primi risultati. Prima due corpi. E poi altri quattro, annunciati dall’agenzia di stampa greca, Ana-Mpa che ha scritto che «i resti di quattro greci che combatterono sul fronte albanese nel 1940 sono stati localizzati nel villaggio albanese di Dragoti». Il lavoro continua e non sarà breve. Furono quasi 14mila i caduti greci sul fronte albanese fino all’aprile del 1941, mese della capitolazione. E quasi 7.800 restano da ritrovare. Saranno poi inumati in nuovi cimiteri in territorio albanese.

Ma qualchepolemica – soprattutto sui camposanti per i militari greci - non manca, con sparute proteste vicino al luogo degli scavi e alcuni analisti e storici in Albania che hanno ammonito che la sepoltura nella Terra delle Aquile dei soldati greci potrebbe sfociare persino in “pellegrinaggi” di nazionalisti in arrivo dall’altre parte del confine. Sottolineando anche che si tratta di una concessione troppo generosa ad Atene. Fra i più contrari c’è lo storico albanese Beqir Meta.

«Sono critico – spiega il professore al Piccolo – in primo luogo perché l’esercito greco è entrato nel novembre-dicembre 1941 in Albania per annettere questo territorio». E poi perché Atene «ha mantenuto e mantiene ancora oggi in vigore», malgrado il trattato d’amicizia del 1996, una «legge (sullo stato) di guerra» sul confine albanese, una «assurdità, tenuto conto che l’Albania era occupata» dalle forze italiane e non aveva «alcuna sovranità» nel 1940, quando fu dichiarato il mai revocato stato di guerra. Prima che quella legge «venga abrogata», specifica Meta, «non si dovrebbero riservare cimiteri» per i soldati greci. In terzo luogo, chiosa lo storico, manca la reciprocità: Atene «non accetta di restituire ai discendenti» degli albanesi della Ciamuria – espulsi in massa dalla Grecia dopo la guerra perché considerati collaborazionisti – le loro proprietà o di risarcirli. E i “chami” «non hanno il diritto di avere cimiteri per i loro antenati e per le quasi 4mila vittime della campagna di pulizia etnica» del 1944-45.

Ma c’è anche chi gioisce. È lo storico greco Agathoklis Panagoulias, da anni in prima linea nella battaglia per dare sepoltura ai caduti. Panagoulias ha scritto «con emozione» su Facebook che finalmente si sta avvicinando il tempo di «dare una tomba dignitosa» agli «eroi del ‘40».

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