La farsa del Prosecco: i soldi già stanziati “dimenticati” a Roma
TRIESTE. C’è poco da brindare: alla fine sul Prosecco, tra protocolli, promesse e studi di sorta, Regione e Consorzio hanno fatto flop. Se ne sono accorti a Roma, al ministero delle Politiche agricole. Il ministro Nunzia De Girolamo, rispondendo a un’interrogazione del parlamentare triestino Cinque stelle Aris Prodani, in sostanza dice questo. Da Trieste zero, o comunque scarsa promozione per il celebre vino: al governo, almeno, non risulta nulla. E nemmeno qualcuno che sia andato a prendersi i soldi, pur previsti, per attivare le iniziative. Peggio: la Regione, puntualizzano da Palazzo Chigi, è l’ente responsabile degli interventi ambientali sull’altipiano per il rilancio del prodotto. Quelli che nessuno ha visto.
Qui lo sanno anche i muri, ma è la prima volta che il governo fa sentire la sua voce. Prodani ha preso spunto da una manifestazione che si era tenuta a Trieste lo scorso ottobre in Stazione marittima, la “Prosecco bubbing style on show”, la rassegna enologica istituita con il famoso protocollo d’intesa per la valorizzazione della nuova Doc interregionale “Prosecco”. Un impegno assunto l’8 aprile del 2010 dall’allora ministro Zaia che, un anno prima, era venuto anche a piantare una barbatella di Glera per inaugurare la nuova Doc. Il documento, sottoscritto tra ministero, Regione, organizzazioni agricole e il Consorzio Tutela Vini Collio e Carso, annunciava una serie di misure come il coordinamento degli interventi per la valorizzazione della Doc per «rendere il dovuto riconoscimento alla provincia di Trieste che vanta nobili e antiche tradizioni nella produzione vitivinicola», si legge nel testo. Tra gli interventi ambientali si dava il via libera al riassetto del terreno, alla realizzazione di opere irrigue e di bonifica dei costoni carsici per permettere il recupero delle aree a vocazione agricola. In mezzo la revisione dei vincoli inerenti le zone Sic e Zps.
Cosa resta di tutto questo? Roma suona la sveglia: nella sua risposta la De Girolamo ricorda innanzitutto che «il ministero ha assunto impegni per il sostegno finanziario delle iniziative che corrispondono agli obiettivi promozionali». Due in particolare: iniziative per la nuova Doc e la realizzazione di un «centro per la promozione del Prosecco», nell’omonima località triestina. A ciò si aggiunge un progetto per il rilancio dei vini Vitoska, Malvasia, Terrano e Glera. Non solo, stando al protocollo, c’era la disponibilità del ministero stesso a mettere in piedi manifestazioni e attività di valorizzazione all’estero. Ma, rimproverano a Roma, «si fa presente che a tutt’oggi non risulta pervenuto nessun atto di iniziativa né progetto da parte del Consorzio, né della Regione, né degli enti locali interessati, per l’attivazione dei finanziamenti».
Come dire: i soldi c’erano ma sono ancora lì. Di più. Il governo sottolinea che per «tutti gli altri impegni di recupero e bonifica della zona agricola carsica, il protocollo d’intesa cita inequivocabilmente la Regione quale parte istituzionale competente ad eseguirli, fissando le modalità attuative sia con fondi nazionali, derivanti dal Piano irriguo 2010, che con fondi regionali da prevedere in un Piano di Sviluppo territoriale entro 6 mesi dalla sottoscrizione del protocollo stesso». Non solo: il ministro si richiama anche alle norme inserite nella legge finanziaria regionale del 2010 «per il ripristino degli storici terrazzamenti sul costone carsico». Prodani sottolinea che ad oggi «l’accordo è stato attuato solo in minima parte», dal momento che la Regione «ha limitato il budget finanziario a poco più di un progetto pilota sulla viabilità, ha predisposto la redazione di un “masterplan” e ha fatto poco sul fronte burocratico». Il parlamentare M5S non può che concludere rifacendosi alla manifestazione “Prosecco bubbing style on show” di ottobre: «Troppo poco viste le possibilità – annota il grillino – è l’ennesima vetrina delle iniziative incompiute, che prevedevano uno sforzo sinergico tra Trieste e Roma, vanificato dall’immobilismo. Con evidenti conseguenze per gli operatori del settore. Ovvio che i viticoltori vanno in Slovenia».
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