La differenza fra storia e memoria
TRIESTE Servirebbe una mozione, non solo d’affetti, a Trieste: da far sottoscrivere a tutti, partendo da chi ha un ruolo politico e coinvolgendo la più ampia rappresentanza di chi sente (a vario titolo e ragione) di volersi e doversi esprimere in pubblico, di voler o dover alimentare un dibattito. Ci sarebbe da firmare un patto affinché in questa città, in questa terra, la storia non venisse mai e da nessuno più usata per fini diversi da quelli per cui è nata, è stata e sarà scritta, insegnata, studiata, approfondita, aggiornata: aiutarci a comprendere la complessità del presente, consapevoli di come nei secoli il presente si è venuto a formare, arricchire la nostra conoscenza andando oltre l’esperienza individuale e diretta. Il caso del Vademecum sul Giorno del Ricordo firmato Irsrec, scomunicato come “riduzionista” dal Consiglio regionale, ci dice nel modo più clamoroso che è ancora abitudine aggrapparsi alle vicende storiche quando non si riesce a parlare con dovizia di argomenti del presente. O di un futuro, di come lo si immagina, lo si vuol progettare.
La storia si basa su un procedimento scientifico, prende distanza dai fatti e li tratta con rigore, considera la critica e confronta la diversità delle interpretazioni fino a portarle a sintesi: il testo oggi all’indice del centrodestra locale ne è una prova esemplare su cui hanno convenuto tutti, forse il punto più alto possibile oggi di una lettura razionale e condivisa di ferite incancellabili. La memoria, invece, seleziona e restituisce i fatti lontani nel tempo soprattutto attraverso l'uso dei simboli: non argomenta, semplicemente ricorda. Nessuno più mette in discussione il valore della memoria, individuale e collettiva. Ma sarebbe il tempo che nessuno più piegasse la storia (e la scienza degli storici) ai fini del battibecco politico. Né immaginasse di volerla in qualche modo indirizzare o, peggio, foraggiare in quanto portatrice d’acqua al mulino del facile consenso. Trieste ha bisogno di argomenti. Di storia da costruire e non di storie da contrabbandare.
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