La crisi dei negozi rionali: a Trieste 300 in meno

Impietoso il confronto con i dati del 2008. A Udine il calo è meno netto Pesano acquisti online, concorrenza slovena, outlet, tasse e burocrazia
sterle trieste negozi chiusi madras corso italia
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Sempre più serrande abbassate e negozi sfitti nei rioni e nelle periferie, che tendono a una desertificazione compensata solo in minima parte dal miglior andamento del commercio in centro città. È una situazione sotto gli occhi di tutti, che accomuna Trieste e Gorizia, e che Confcommercio conferma nel report che fotografa il cambiamento della densità del tessuto commerciale triestino dal 2008 a oggi. Una situazione in controtendenza rispetto ai trend nazionali, che evidenziano come nella maggioranza delle 40 città italiane interessate dall’indagine di Confcommercio, Udine compresa, a chiudere di più siano gli esercizi commerciali del centro storico, mentre la periferia soffre di meno.
 
 
Il confronto. Otto anni dopo, dice lo studio di Confcommercio, a Trieste sono oltre 300 in meno le attività commerciali nelle zone periferiche (da 1683 a 1378) e 19 in meno quelle nel centro storico (da 213 a 194), con un decremento percentuale del 18,1% nelle zone rionali e dell’8,9% nel cuore della città (i numeri assoluti di Udine dicono invece rispettivamente 80 e una decina in meno nel medesimo periodo). A incidere sul dato delle periferie è in particolare la riduzione dei punti vendita di generi alimentari (-14,1%), che invece continuano a funzionare nel centro città. Qui a pesare è, soprattutto nel caso goriziano, la presenza di centri commerciali nelle vicinanze. Le attività in espansione, il segmento alberghiero e quello dei pubblici esercizi, registrano un netto incremento in centro (+33,7% per alberghi e hotel e + 24,6% per bar e ristoranti), mentre nelle periferie non attecchiscono (-3,5% per i primi e -2,7% per i secondi). L’unico a passarsela bene è il comparto informatico e della telefonia, rafforzatosi senza distinguo di ubicazione d’area. Si sono assottigliate ovunque invece la rete distributiva di carburanti, praticamente azzerata in centro e ridottasi del 25% in periferia, e quelle delle rivendite di tabacchi, scese del 73% in centro città e del 27,1% altrove. I trend negativi di questi due comparti sono facilmente riconducibili alla concorrenza slovena.
 
Bumbaca Gorizia 16.12.2016 Via Garibaldi e negozi chiusi © Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 16.12.2016 Via Garibaldi e negozi chiusi © Fotografia di Pierluigi Bumbaca
 
Anche per i negozi d’abbigliamento il momento non è dei migliori: chiudono attività storiche, tiene l’alta gamma ma i marchi per la cosiddetta media borghesia soffrono da morire. Qui, oltre a un cambiamento di mentalità che porta la gente a preferire l’abbigliamento low cost al pregio delle marche, incidono pesantemente le vendite online e gli outlet a pochi chilometri di distanza. Anche l’arrivo dei temporary shop non è gradito dalla categoria: latitano i controlli, perciò, dicono da Confcommercio, le aperture si protraggono ben oltre i 60 giorni previsti per legge. Oltre naturalmente a un problema che accomuna tutti i commercianti al dettaglio: tra tasse e adempimenti vari si finisce con l’incassare meno di quanto si sborsa. 
 
 
A Trieste i cinesi chiudono i negozi e si buttano nella ristorazione
 
 
Il dettaglio. Un focus dell’Osservatorio provinciale è stato dedicato anche alle dinamiche dello shopping del periodo natalizio, atteso con ansia annuale dai commercianti per rimpinguare le casse. Ma anche in questo caso la fotografia, che si basa su un campione di 384 imprese del territorio locale, non è delle più incoraggianti: per il 49% dei negozianti interpellati i ricavi sono peggiorati, per il 36,7% sono rimasti in linea con quelli dell’anno scorso, mentre solo il 14,3% ha evidenziato un miglioramento. I mercatini natalizi hanno contribuito a un incremento di circa il 2,3% degli accessi ai negozi, ma la vera notizia che conferma la crescita di appeal turistico per Trieste è che la clientela in occasione del Natale è stata per il 29% straniera. Gli acquisti sono stati effettuati principalmente nelle giornate festive e hanno portato il 25% di nuova clientela ai commercianti, linfa assolutamente preziosa nell’ottica di una ripresa dei consumi. A questo proposito cresce, anche se molto lievemente, il clima di fiducia per il futuro. Sul fronte del credito invece permangono alcune criticità, in particolare sull’entità delle garanzie richieste dalle banche. 
 

 
Le tecnologie. Un tema cruciale su cui finora però i risultati sono ancora insoddisfacenti è il rapporto tra imprese del terziario e web. Solo il 31% delle aziende affida infatti la promozione della propria offerta commerciale alla rete. Sono ancora pochissime le aziende che svolgono abitualmente attività di e-commerce. Chi lo fa, però, ottiene ottimi risultati: +24% di ricavi. 

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