Industria alimentare, oltre 16 miliardi di ricavi sostenibilità e “bio” per innovare e crescere

L’analisi di PwC sui bilanci delle cento maggiori aziende: il comparto carne-salumi primo davanti a vino, mangimi, caffè e lattiero-caseario

*Consumer Markets Consulting Leader di PwC Italia

PADOVA. L’industria alimentare ha raggiunto 140 miliardi nel 2018 (più 2% rispetto al 2017: dati Federalimentari) dopo il periodo di stagnazione 2013-16. L’export ha raggiunto 33 miliardi (più 3% sul 2017), con un saldo attivo di oltre un miliardo. Di contro i consumi interni risultano in sostanziale stagnazione, registrando più 0,6% in valore e meno 0,5% in volume rispetto al 2017. L’analisi di PwC Italia sulle aziende Top 100 Food&Beverage del Triveneto fotografa un territorio che consolida la crescita di fatturato, migliorando la posizione finanziaria ma pagando lievemente dal punto di vista dei margini operativi e della solidità patrimoniale. I ricavi 2017 si attestano a 16,6 miliardi (più 6,6% sul 2016) con una crescita diffusa visto che l’87% delle aziende mostra un segno positivo. La crescita dell’Ebitda si è invece fermata al 6,1%, evidenziando come l’incremento complessivo dei volumi non si sia sempre tradotto in maggior valore aggiunto.

Le aziende capaci di migliorare la marginalità sono meno di quelle che hanno aumentato i ricavi (61%, contro il citato 87%). L’Ebitda aggregato delle Top 100 è pari a 1,2 miliardi, mentre il valore medio del margine in rapporto ai ricavi è dell’8,1% (contro l’8,6% del 2016). Nel 92% dei casi, il miglioramento del margine operativo è stato conseguito attraverso una crescita dei ricavi, solo nell’8% dei casi in presenza di un decremento dei volumi di vendita e quindi attraverso strategie di miglioramento dell’efficienza e della catena di creazione di valore. Gli oneri finanziari ammontano a 87 milioni (meno 22,5% rispetto ai 113 milioni del 2016). Quasi due terzi delle aziende ha ridotto l’ammontare di oneri finanziari. Il rapporto oneri finanziari/Ebitda a livello aggregato è passato dal 9,7% del 2016 al 7,1% del 2017. Il rapporto di indebitamento medio, al contrario, è aumentato dal 4% nel 2016 al 4,8% nel 2017, segnalando quindi una lieve riduzione della solidità patrimoniale delle aziende. Il 73% delle Top 100 sono società di capitali a controllo italiano, 12% a controllo estero e 15% cooperative. Queste ultime produttrici di vino e spumante (il 60%, contro il 32% sul totale), realtà mediamente di grandi dimensioni.

A livello di comparti la leadership per fatturato è delle aziende produttrici di carne, trainata dal Gruppo Veronesi: primo tra le Top 100 del Triveneto e quarto tra le aziende Food a livello nazionale. Il comparto della carne e salumi comprende 13 aziende con un volume d’affari di 4 miliardi nel 2017 (più 6,6% circa rispetto al 2016). Secondo settore per fatturato sono i vini e spumanti, con 32 aziende per un volume d’affari di 2,9 miliardi (più 8,4% vs 2016) e un rapporto Ebitda/ricavi medio di settore dell’8,5%. Seguono i produttori di mangimi e di caffè, con un fatturato di 1,7 e 1,5 miliardi, in crescita rispettivamente del 9% e del 3,8% rispetto al 2016. Anche le aziende produttrici di caffè hanno una buona redditività, con rapporto Ebitda/ricavi medio di settore del 14,2%, superiore al dato aggregato. Di rilievo le aziende produttrici di pasta e farina con un fatturato di 1,4 miliardi e una crescita del 6,8% circa e le aziende di prodotti da forno, con un fatturato aggregato di 1,3 miliardi e una crescita del 5,4%. Seguono infine il settore lattiero caseario con un fatturato di circa 1,2 miliardi nel 2017 (più 10,6% rispetto al 2016) e le aziende produttrici di acqua e bibite, con una crescita del 7,9% tra il 2016 e il 2017 e un giro d’affari di circa 700 milioni.

Le sfide per le aziende del Nordest nel Food&Beverage sono: l’internazionalizzazione, lo sviluppo di nuovi prodotti e l’interpretazione delle nuove tendenze salutistiche e di sostenibilità. È quanto emerge dalla CEO Survey di PwC, ricerca annuale in 91 paesi secondo cui il 50% dei CEO punterà su piani di internazionalizzazione come strategia di crescita, e su strategie di efficienza operativa (70%), crescita organica (54%) e lancio di nuovi prodotti (46%) per aumentare la redditività della propria impresa. Aumentare il livello di internazionalizzazione non significa solo aumentare l’export. Ne sono un esempio l’investimento nello stabilimento produttivo di Rana negli USA e il rafforzamento di Bauli in India. Buone prospettive si hanno anche dal Giappone grazie all’accordo di libero scambio in vigore dal primo febbraio 2019 tra Unione Europea e Giappone (EPA). In tema d’innovazione, una chiara opportunità sono i trend della sostenibilità e del benessere. Secondo la Global Consumer Insights Survey di PwC (21.700 intervistati in 27 Paesi) i consumatori cercano alternative salutari e naturali e i valori personali ed etici influenzano le decisioni d’acquisto, infatti: un consumatore su due sceglie brand/prodotti attenti alla sostenibilità; il 44% dei consumatori vuole sapere l’origine e se il bene è stato prodotto eticamente (“fair trade” or “cage free”); il 41% dichiara di evitare il più possibile l’uso della plastica; il 37% ricerca prodotti con packaging eco-friendly.

Due terzi del campione pagherebbe un premium price per prodotti a chilometri zero, bio, con packaging sostenibile e per brand riconosciuti per pratiche sostenibili e valori etici. Per crescere, anche nel mercato domestico, è necessario che l’innovazione sia “vera” ossia percepita dal cliente finale e interpreti al meglio i nuovi gusti e le nuove esigenze del consumatore: ne sono un esempio Bon Roll e Aequilibrium di Aia Veronesi. Per vincere la sfida dei mercati del futuro è necessario osservare i cambiamenti in atto a livello globale per orientare le aziende verso i bisogni, le esigenze e le attitudini dei consumatori e utilizzatori di domani.—

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