In Porto vecchio rivivono le macchine a vapore
TRIESTE. Per un secolo sono state il cuore del Porto Vecchio e hanno fornito a oltre cento gru la forza necessaria per sollevare dalle stive di migliaia di navi i carichi più diversi e pesanti. Ora le quattro macchine a vapore costruite nel 1891 a Praga dagli operai e tecnici della “Danek & Com.” verranno rimesse a nuovo a beneficio del pubblico e degli studiosi.
Lunedì scorso sono iniziati all’interno della Centrale idrodinamica, divenuta da poco più di un anno l’unico museo cittadino dedicato all’archeologia industriale, i lavori di ripristino della loro originaria bellezza e funzionalità. Le superfici del metallo delle quattro macchine a vapore “compound” verrano ripulite e riportati allo splendore delle antiche bruniture. Le bielle, gli assi attorno a cui girano le grandi ruote dei volani, i basamenti, i cilindri in cui si muovono i pistoni, verranno smontati e lubrificati. Una delle quattro macchine riprenderà a girare grazie a un motore elettrico, così da consentire ai visitatori un’ immersione totale nell’antico cuore tecnologico che dal 1891 al 15 giugno 1988 fornì l’energia necessaria al funzionamento delle gru ad acqua e dei montacarichi del Porto Vecchio.
I lavori prevedono una spesa di 150 mila euro, provenienti attraverso la Regione dai Fondi europei per la cultura nei cui meandri burocratici li ha scovati e fatti arrivare a Trieste l’architetto Antonella Caroli, oggi direttore della Fondazione dell’Istituto di cultura marittimo portuale. Perchè l’iter burocratico e tecnico istituzionale si compisse tra i vari palazzi del frammentato potere italiano, sono stati necessari quasi sei anni. Ora si può iniziare a lavorare all’interno della sala macchine della Centrale idrodinamica.
«Secondo il contratto la ristrutturazione dovrà essere conclusa entro sei mesi. Ma sono certo che finiremo molto prima. Entro novembre o al massimo a dicembre» afferma Marino Quaiat, titolare della ditta assegnataria dei lavori.
L’imprenditore non è nuovo a salvataggi e restauri di macchine legate alla memoria collettiva dei triestini. Basta citare il rifacimento di una vecchia vettura del tram di Opicina che fino all’attuale prolungato stop al traffico per i noti problemi dei binari, veniva noleggiata per matrimoni e cerimonie rievocative.
«Smonteremo ogni pezzo delle quattro macchine, a vapore, li lubrificheremo, li faremo risplendere - spiega Marino Quaiat -. Verrà ripristinata anche una quinta macchina, molto più piccola che veniva usata solo nei casi di emergenza. Inoltre con un sistema a led renderemo esplicito il percorso compiuto dal vapore dalle caldaie ai pistoni delle macchine». «I visitatori - continua l’imprenditore - potranno così comprendere visivamente l’intero funzionamento del primo sistema che affidava alla forza del vapore il compito di caricare e scaricare le navi e di sollevare sacchi e altre derrate nei magazzini del porto».
Fino a quel momento, spiegano gli storici e gli economisti, tutto era stato affidato alle braccia degli scaricatori e alla trazione animale: cavalli, buoi e asini.
Alla fine dell’800 l’elettricità e i suoi motori stavano compiendo i primi passi: erano ancora inaffidabili e i diesel alimentati a olio pesante erano in fase sperimentale.
L’unica forza disponibile e sicura per il lavoro era rappresentata dalla macchina a vapore, installata a bordo dei piroscafi e in ogni stabilimento industriale. In Porto Vecchio, poi, era per allora una tecnologia d’avanguardia.
In altri termini nella Centrale idrodinamica del Porto vecchio, è visibile tutta la bellezza e imponenza di una macchina costruita più di un secolo fa e miracolosamente scampata in tutti i suoi dettagli alla distruzione e all’oblio. Un pezzo più unico che raro, che valorizza ancora di più l’intero scalo, una volta cuore pulsante di Trieste e della sua economia.
Ecco uno dei tanti motivi che stanno alla base del restauro che sta per avviarsi.
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