In pellegrinaggio per il selfie con il Vate: «Sicuri non sia Spalletti, l’ex dell’Inter?»

Turisti, cittadini e consiglierei comunali in fila per immortalarsi al fianco del Vate “curto”, come è stato ribattezzato per via del rialzino marmoreo sotto i piedi a cui lo costringe la panchina “sarcofago” in piazza della Borsa
Lasorte Trieste 13/09/19 - Piazza della Borsa, Statua di D'Annunzio
Lasorte Trieste 13/09/19 - Piazza della Borsa, Statua di D'Annunzio

TRIESTE. Non si può parlare di “Vatemania”. Ma il pellegrinaggio in piazza della Borsa per un selfie sulla panchina di Gabriele D’Annunzio ieri, venerdì 13 settembre, non si è mai interrotto. Turisti, cittadini e consiglierei comunali in fila per immortalarsi al fianco del Vate “curto” (come è stato ribattezzato per via del rialzino marmoreo sotto i piedi a cui lo costringe la panchina “sarcofago” di Trieste).

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In pausa pranzo arriva anche il consigliere dipiazzista Roberto Cason. «Sono andato a trovare il nostro Gabriele D’Annunzio, la nuova statua collocata in sua memoria a Trieste in piazza della Borsa», scrive pubblicando lo scatto su Facebook «Tutti i consiglieri del centrodestra hanno dovuto fare la foto», commenta un altro consigliere, il pugile Fabio Tuiach che ha già provveduto il giorno prima con la figlioletta in braccio. “In Piaza dela Borsa / xe tuti de corsa, / tuti a tocar el Vate de bronzo / un grande poeta / ma anche un gran. . . ! ” versifica in vernacolo Antonio Ranieri (pseudonimo) su Facebook fingendo di aver smarrito la rima finale. . Il gesto più gettonato è la mano sulla “pelata” del poeta soldato.

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Nessuno riesce a trattenersi da dare una lucidata alla crapa del Vate che probabilmente potrebbe portare bene come toccare una gobba. «E dopo esser andadi a grattarse sull’angolo della cesa dei sciavoni, se andarà in piazza Borsa a strofinar la testa del lustro. Nuove usanze triestine» profetizza Antonio Comelli. A dare il via alla nuova usanza sono stati per primi l’assessore Angela Brandi e il direttore del Vittoriale degli Italiani Giordano Bruno Guerri che nel corso dell’inaugurazione hanno posto con affetto la mano sulla testa del Vate.

Non mancano, però i dubbi sull’identità della statua seriale dello scultore Alessandro Verdi. «Non credo sia D’annunzio», azzarda un cameriere della Trattoria Caprese. Del resto non ci sono indicazioni sulla panchina: l’unico riferimento al Vate è l’autografo riportato sulle pagine del libro aperto che teine in mano. «Bella la statua di Spalletti», posta il cantante Riki Malva con tanto di foto ripetendo a sua insaputa quello che è già successo sul lungolago di Gardone Riviera con la seconda copia della statua.

La panchina appare perfetta per un allenatore di calcio. A Gardone Riviera alcuni turisti a passeggio sul lago si sono seduti sulla panchina convinti di farsi un selfie l’ex allenatore dell’Inter. Il Vate nerazzurro. A Trieste è emersa anche un’altra inquietante identità: quella del giornalista e conduttore Alfonso Signorini, direttore di Chi e opinionista del Grande Fratello.

Il valore artistico della statua resta opinabile. «È molto più brutta della statua di Montanelli ai giardini di Milano – stronca Maurizio Crippa sul Foglio –. Non era facile. Una cosa di una tristezza, di un cloro cacchetta... L’immagine di un impiegato di banca in pausa pranzo, di un borghesuccio che di certo avrebbe profondamente offeso quell’egocentrico estetizzante, convinto com’era di essere una bellezza italica». Su Facebook, per iniziativa di Fulvio Rogantin, è nato il gruppo pubblico “Un selfie con D’Annunzio” con intendi autodistruttivi.

«Visto che rovinare o dipingere una statua non si può, perché non lanciare una campagna “Un selfie con D’Annunzio” » scrive Rogantin. Intanto si vede il Vate che in una vignetta esprime tutto il suo disappunto per la collocazione di fronte alla vetrata con la scritta “Welcome to the Free Territory of Trieste”: «Ciò ma chi che ga pensà de farme veder tuto el giorno la sede del Tlt ga magnà panini de volpe? ». Non manca poi chi, come l’artista Paolo Ferluga (finalista al concorso per la statua di Maria Teresa) ha già dotato il Vate curto di un paio di occhiali. «Eppure me lo dicevano sempre che a forza di leggere... leggere... leggere... presto o tardi avrei perso la vista».

La vista corta per una statua che si è subito conquistata d’ufficio il gemellaggio con il ponte curto (Passaggio Joyce). Scrive Diego Manna (Monon Behavior): «Ecco già la prima proposta per risolvere il problema del Vate curto e dela “zonta segiolon” , com’è stata ribattezzata dai veri veci de cantier la zeppa necessaria a far toccare terra alla statua di D’annunzio. Si propone di completare l’opera aggiungendo un secondo personaggio, ribatezzato “l’omo che va longo” . L’opera completa così si chiamerebbe “il vate curto e l’omo che va longo” ». Perfetta.

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