Imu portuale, resa dei conti in Cassazione
Il tema della riscossione dell’Ici-Imu nell’area portuale approda in Cassazione: in palio c’è il potenziale afflusso di cifre rilevanti nelle casse del Comune nei prossimi. A portare la questione fino alla corte più alta è una triade di operatori del porto dai nomi eccellenti: Grandi Molini Italiani Spa, Pacorini Silocaf, Santandrea Srl. Le società contestano il pagamento dell’Ici, richiesto dal Comune, su alcune delle loro strutture con quattro provvedimenti. È la prima volta che un caso del genere arriva davanti alla Cassazione: «La cifra complessiva contestata non è molto rilevante - spiega l'assessore al bilancio Matteo Montesano - e vale meno di 100mila euro. Ma il senso in cui i giudici si pronunceranno ci darà finalmente un’indicazione definitiva sugli edifici che sono soggetti all'Ici-Imu». Nei giorni scorsi la giunta ha deliberato di affidare a dei legali l’incarico di difendere gli interessi del Comune in sede processuale.
Controlli dal 2007
La vicenda nasce nell’ormai lontano 2007, quando il Comune ha iniziato a raccogliere l’Ici anche nel porto, fino ad allora intonso: «Il problema degli uffici nella fase iniziale - dice Montesano - stava nel fatto che l’Ici-Imu si basa sulla rendita catastale e l’area del porto non era accatastata». In un primo periodo, quindi, il Comune ha iniziato a richiedere il pagamento della tassa sulla base di rendite presunte. Nel frattempo l’allora Agenzia del territorio (oggi delle entrate) avviava il processo di accatastamento. Nel corso degli anni questo ha generato due tipi di contenziosi legali: «C’è chi ricorre contro gli atti del Comune che liquidano l’Ici sulla base di una rendita presunta - spiega l'assessore - e chi ricorre direttamente contro la valutazione che l'Agenzia ne ha dato».
La disputa sulla classificazione
Il modo in cui si considerano gli edifici ha infatti un ruolo non da poco nella definizione dell’esborso richiesto al contribuente: «Ci sono degli immobili il cui accatastamento non è chiaro - dice Montesano - poiché ci sono dei dubbi sull’opportunità di inserirli nella categoria E oppure in quella D». Il dissidio non è soltanto alfabetico: a seconda che una struttura si pigli la prima o la seconda etichetta, è esclusa oppure inclusa nel pagamento della tassa. «C'è chi sostiene che tutti gli immobili in ambito portuale siano di categoria E, in tal caso nessuno dovrebbe pagare l’Ici-Imu. Va detto però che i tecnici del Comune negli anni scorsi hanno visitato altre realtà, come Livorno e Genova, in cui la tassa era regolarmente pagata anche dagli operatori portuali». Di fatto, manca ancora una linea definita a livello giurisdizionale.
Accertamenti e ricorsi
Nel corso degli anni il Comune ha emesso 136 avvisi di accertamento. Di questi 45 sono soggetti a ricorso. Venti contenziosi sono ancora fermi al primo grado nella Commissione tributaria provinciale, 12 sono arrivati alla Commissione regionale. «Nella commissione provinciale hanno prevalso più spesso i contribuenti - precisa Montesano - mentre in quella regionale è il Comune ad avere la meglio con maggiore frequenza». Ovviamente è andata così pure nel caso di quelli che ricorrono in Cassazione. Esiste poi un altro filone di ricorsi, quelli contro l’Agenzia delle entrate, che però corrono su un binario indipendente da quello del Comune.
La prospettiva futura
«Nel complesso possiamo dire che l'attività condotta in questi otto anni è stata molto seria - dice Montesano - ed è priva di alcun connotato politico, essendo una verifica tecnica portata avanti da diverse giunte». Le sentenze altalenanti delle commissioni provinciali e regionali lasciano nell’incertezza l’esito finale della vicenda: «Soltanto la Cassazione potrà dire una parola definitiva - conclude l'assessore al Bilancio - e ovviamente la questione ha un valore sia sul passato, per recuperare le cifre dovute, sia in una prospettiva futura: se la Corte dirà che quegli immobili sono soggetti a imposizione ciò comporterà un gettito maggiore per il Comune».
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