Il sì unanime del Pd alla vicesegretaria Serracchiani nel toto candidate

La deputata dem in lizza per il ruolo ma Zingaretti sarebbe propenso a blindarsi preferendo una fedelissima come D’Elia 

il caso

Diego D’Amelio / trieste

La battaglia interna per accrescere la rappresentanza femminile ai vertici del Pd fa un nuovo passo in avanti. Dopo le polemiche sulla nomina di tre ministri uomini e la riparazione costituita dalla designazione di cinque sottosegretarie su sei posti disponibili, la direzione nazionale dem ha deciso ieri di reintrodurre la figura del doppio vicesegretario politico, prevedendo che le cariche siano ricoperte da un uomo e una donna. La prescelta sarà indicata dall’assemblea nazionale calendarizzata il 13-14 marzo e Debora Serracchiani è considerata tra i nomi più caldi in lizza.

A favore dell’ex governatrice del Friuli Venezia Giulia gioca il ruolo attuale di vicepresidente del partito: si tratta di una delle posizioni apicali nella condizione politica del Pd, di cui Serracchiani è stata volto televisivo per tutta la durata della crisi, andando a destra e a manca nel tentativo di spiegare agli italiani l’avvitamento del governo Conte bis. E poi c’è il forte posizionamento che la deputata ha assunto subito dopo le nomine di Dario Franceschini, Lorenzo Guerini e Andrea Orlando nell’esecutivo Draghi, con una serie di prese di posizione molto ferme sulla necessità per le donne di guadagnare posizioni dentro a un partito criticato per l’incapacità offrire un’equilibrata rappresentanza di genere.

La doppia vicesegreteria potrebbe aprire per Serracchiani la via a un incarico già ricoperto dal 2014 al 2017, quando alla guida del Pd c’era Matteo Renzi. La parlamentare evita di commentare la questione: «È lo statuto del Pd a prevedere che, nel caso il segretario nazionale decida di nominare due vicesegretari, andrà sempre rispettata la parità di genere. La direzione è stata un necessario momento di confronto, una ricucitura dopo uno strappo ai nostri principi». Ma Serracchiani sa anche che «la questione è quasi marginale rispetto ai temi enormi che riguardano le donne al tempo della pandemia. Occupazione, retribuzione, possibilità di carriera, desiderio di maternità e gestione della famiglia. Quando si parla di lavoro femminile è in gioco la crescita del paese. E sai quanto importa del congresso del Pd a chi rischia il posto di lavoro». Temi di cui la presidente della commissione Lavoro della Camera ha dibattuto ieri con Carlo Calenda, Enrico Mentana e Giampiero Falasca, nel corso della presentazione dell’ultimo libro di quest’ultimo, dedicato alle piaghe del mercato del lavoro in Italia.

In una recente intervista al Riformista, Serracchiani ha spiegato che le donne dem non sono «in rivolta come fossimo di fronte a un’irritazione passeggera da chetare. C’è stato un brusco scontro con la realtà: abbiamo dato per scontato che la strada della parità sarebbe stata sempre più in discesa, e ci troviamo ora a chiederci come rimediare a un’esclusione che ha messo in imbarazzo il partito». Per la deputata si tratta di mettere sul tavolo la sfida della leadership femminile del partito, anche se Serracchiani non è tra chi nel Pd chiede la testa del segretario Nicola Zingaretti attraverso un congresso anticipato.

A non far decollare l’ipotesi della vicesegreteria è tuttavia la collocazione “spuria” dell’esponente del Fvg nel gioco delle correnti interne. All’ultimo congresso ha infatti sostenuto la candidatura di Maurizio Martina, che oggi non è in prima fila nel dibattito fra i gruppi che animano il Pd. Le voci interne al Nazareno dicono che Zingaretti sarebbe più propenso a blindarsi, portando alla vicesegreteria una propria fedelissima. Il nome più gettonato è quello di Cecilia D’Elia. Si affiancherebbe a Orlando, che dentro il partito rappresenta l’anima di sinistra: come quella di D’Elia, oggi vicina a Zingaretti ma proveniente dalla militanza in Sel. Subito dopo viene Serracchiani, ma non mancano neppure le ipotesi legate a Roberta Pinotti e Anna Rossomando. Si tratta di rappresentanti di lungo corso del partito, tutte salite sulle barricate nella polemica interna sul “gender gap”.

Parlando alla direzione Pd, Gianni Cuperlo tocca anche il tema del genere, definendo «giusta la richiesta di una vicesegretaria donna. Se poi non fosse pure questa una contesa tra le correnti, la riterrei più giusta ancora. Ma siamo dinanzi a una questione interamente politica che riguarda un punto di fondo, ed è come intendiamo ricollocare il progetto del Pd nella società italiana dei prossimi anni».

Come facilmente prevedibile, tifa per la soluzione nostrana la senatrice Tatjana Rojc: «Quella della vicesegreteria femminile è una buona notizia. Non dev’essere il genere a determinare le nomine, ma purtroppo ci si dimentica spesso delle competenze quando sono al femminile». Secondo Rojc, «una vicesegretaria apporterebbe il maggiore pragmatismo delle donne in un momento assai delicato e trovo che Serracchiani abbia grande esperienza e capacità di affrontare i problemi: è uno dei politici più preparati che ho incontrato».

Il segretario del Pd Fvg Cristiano Shaurli condivide: «Debora è un riferimento molto autorevole, ma i cittadini non possono sopportare un dibattito fatto di nomi e caselle. L’emergenza vera è sconfiggere la crisi e la pandemia, che sta rialzando la curva anche in Fvg. Il resto sono discussioni che appassionano poco anche me, ma è sicuramente positiva la scelta di una vicesegretaria donna. Poi sui nomi ci sarà una riflessione in vista dell’assemblea nazionale». —

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