Il Porto di Trieste snobba la corsa ai finanziamenti Ue

L’eurodeputato Frigo: «Venezia e Monfalcone si sono mossi Nessuna richiesta di fondi invece dal capoluogo regionale»
Di Marco Ballico
Lasorte Trieste 04/10/13 - Porto, Molo VII, Gru
Lasorte Trieste 04/10/13 - Porto, Molo VII, Gru

TRIESTE. Il Porto di Trieste è il grande assente nella caccia ai fondi comunitari. Esempio locale di una situazione più generale, quella di un’Italia che snobba risorse che farebbero invece molto comodo. Da un lato «è sbagliato l’atteggiamento verso l’Europa», dall’altro c’è il solito “mostro”: la burocrazia. Il grido d’allarme arriva da Franco Frigo, europarlamentare del Pd subentrato nel maggio scorso a Debora Serracchiani, dimissionaria da Bruxelles dopo la vittoria elettorale in Fvg. Frigo, già presidente del Veneto nei primi anni Novanta, uno dei fondatori del Pd nella sua regione, siede in Europarlamento nel gruppo dell’Alleanza progressista di socialisti e democratici ed è membro della commissione per i trasporti e il turismo. Da quel punto di osservazione denuncia la clamorosa «disattenzione italiana rispetto alle tematiche europee».

Su quali tematiche in particolare?

Un po’ su tutto. Ed è davvero incredibile tenendo conto che l’80% delle nostre leggi sono influenzate dalle direttive e dai regolamenti della Ue.

Quali sono le conseguenze?

La prima, la più grave, è l’incapacità di utilizzare i fondi strutturali in maniera efficace. È stata la prima sorpresa per me che lavoro in Europa con l’occhio attento ai vantaggi per il territorio che rappresento: il Nordest.

Di chi è la responsabilità?

Ho evitato l’approccio tutto italiano di chi, bocciato all’esame, dà la colpa alla commissione esaminatrice. I problemi sono invece di duplice natura. Uno è di carattere strategico-culturale: nel nostro Paese, dallo Stato agli enti locali, non impostiamo i programmi amministrativi secondo le indicazioni europee.

Un esempio?

Se l’Europa dice che il tema del futuro è la sostenibilità, o noi siamo in sintonia con quell’input oppure troveremo ben difficile utilizzare i fondi. Ci muoviamo spesso fuori ottica. Non lo fa solo la politica, ma è tutto il sistema Italia che mostra disattenzione nei confronti della Ue. Un altro esempio: mentre Francia, Germania, Inghilterra e Spagna sono scatenati sui prossimi finanziamenti per le auto elettriche, noi pensiamo che si tratti di folclore. Trasformiamo in sostanza una strategia di sviluppo delle città in un fatto snob.

Il secondo problema che lei ha rilevato?

La burocrazia. Ma quella europea incide per non più del 10%. Il resto è il “moloch” italiano che di fatto trasmette il messaggio che, in fin dei conti, non conviene utilizzare i fondi comunitari. L’esempio concreto è quello di un imprenditore che avvia un progetto di innovazione (il tema portante dei piani Ue 2014-2020) e si ritrova poi ad aspettare risorse previste ma che non arrivano. Un paradosso che rischia di farlo fallire.

Burocrazia statale o regionale?

Si parte da Roma. Nel mio Veneto non vengono liquidati regolarmente i soldi del Fondo sociale europeo perché Agenzia delle Entrate e ministero delle Finanze non dicono una parola univoca sull’applicazione dell’Iva e il dirigente regionale non sa così come comportarsi. Dirigente che ha pure il problema della Corte dei conti.

Che cosa intende?

In questo caso la Corte dei conti è un danno. Se mostra coraggio, e agisce di testa sua rispetto alle lentezze romane, il funzionario rischia l’addebito del danno erariale. E quindi, chi glielo fa fare?

In conclusione si finisce con il non chiedere nulla alla Ue?

Più che altro si considera l’Europa come un bancomat indistinto. E non ci si attrezza sul percorso indicato dall’Europa, sugli spazi di investimento indicati per raggiungere determinati obiettivi: ricerca, innovazione, sostenibilità, efficientamento energetico, miglioramento della qualità della vita.

A Nordest c’è chi ha fatto richiesta e chi no?

È così. Il Porto di Venezia e quello di Monfalcone si sono mossi. Quest’ultimo si sta attivando per le banchine.

E il Porto di Trieste?

Nei mesi scorsi, assieme a Capodistria, il Porto di Trieste ha concorso nel progetto NapaProg e ottenuto un finanziamento pari al 50% del costo delle progettazioni (1,1 milioni complessivi) di nuovi sviluppi infrastrutturali. Non risultano però richieste per interventi specifici solo su Trieste. Un’assenza pesante nella prospettiva di rilancio portuale nel Nord Adriatico dopo il via libera della Ue, tra gli altri, anche al corridoio Adriatico Baltico.

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