Il popolo di Internet alla carica di zar Putin tra griffe e sexy girl

Il voto si avvicina e Vladimir si comporta da generale nervoso accusando gli “indignati” di essere al soldo degli stranieri

Rimarrà sepolto sotto l’ironia dei bloggers o sotto il peso di un sistema incapace di riformarsi per un sovrappeso di inneficienza, di corruzione e conservatorismo masochista? La terza era Putin finirà per somigliare alla lunga stangnazione che caratterizzò il drammatico declino della gerontocrazia di Brezhnev? Dopo il naufragio dell’autoriformismo velleitario di Gorbaciov sarà la nuovissima “perestrojka” degli internauti neo-borghesi («le scimmie», secondo Putin) a ridisegnare le intoccabili mappe del potere? Forse, ma la prospettiva non sarà breve data la confusione e le contraddizioni che rendono le mosse dell’opposizione più mediatiche che incisive.

I nuovi dissidenti. Ma qualcosa è cambiato e le rabbiose reazioni propagandistiche ricordano quella vecchia battuta del principe Kutuzov secondo il quale un generale nervoso è un generale che ha paura. Nel 1812, all’alba fatale della battaglia di Borodino lo stato maggiore di Napoleone era nervosissimo mentre Kutuzov se ne restò tranquillo a letto. I bookmakers prevedono che non ci sarà partita, vittoria di Putin già al primo turno, il “non ci sto” degli indignati è stato piuttosto fragoroso. La dissidenza ha cambiato protagonisti e stile. Al posto della barba del venerabile Solzhenitsin e della “gravitas” di uno Sacharov ha fatto irruzione sulla scena una nuova classe di giovani cool e trendy, “quelli che parlano inglese”, che indossano roba griffata e organizzano assemblee politiche nei luoghi della “movida” con il SUV regalato da papà fuori in doppia fila.

Il peso del passato. Poca retorica declamatoria vecchio stile, molte “pasionarie” sexy come Ksenija Sobchak, star della TV alternativa nonché capofila delle ragazze “tacco 18”. Ksenija non è cresciuta nelle periferie proletarie, non sa come si vive nelle “kommunalke”, le abitazioni collettive con 20 metri quadri a famiglia, fornelli e latrine in comune. Ksenija è figlia di Anatolij Sobchak, teorico delle riforme liberali, già sindaco di S.Pietroburgo e scopritore di Vladimir Putin, quando questi decise di appendere alla stampella l’uniforme del Kgb. Del resto quelli dei servizi segreti erano i migliori e i più svelti a capire come funziona la “verticale del potere”, ignorando però le esigenze della democrazia.

La distanza dal popolo. L’insensibilità verso le istanze di una società aperta è molto diffusa anche tra le file dell’opposizione. Tra i candidati di minoranza il meglio piazzato, con un 20 per cento di potenziali consensi, è il comunista Ghennadij Zjuganov, sepolcro imbiancato quanto i suoi vecchi compagni del Politnuro. A destra Vladimir Zhirinovski, svolge il ruolo di difensore della Russia slava e ortodossa assediata dagli immigrati in odore di integralismo islamico. Ma i deputati di Zhirinovski, come quelli di Zjuganov, avendo tutti un prezzo, in parlamento non hanno mai fatto uno sgambetto a danno delle leggi volute dalla maggioranza putiniana.

Il gigante miliardario. Nella corsa (per lui impossibile) al Cremlino si è iscritto anche l’oligarca “non ostile” Mihajil Prokhorov, oltre due metri di altezza e un patrimonio di 14 miliardi di euro, il terzo della Russia. Programma? Il paese ha bisogno di sviluppo per evitare una stagnazione. Monsieur La Palisse non avrebbe saputo dirlo meglio. Questo il commento sarcastico di Aleksej Navalnij, il blogger nr.1, colui che con il suo tam-tam virtuale è riuscito a mobilitare la “generazione Ksenija” prendendo in contropiede il potere con settimane di manifestazioni anti-sistema che non hanno coinvolto solo le “èlites” metropolitane ma anche le più lontane città della Siberi a e dell’ Estremo Nord, con un successo organizzativo che ha spiazzato tutti. Gli oppositori della vecchia scuola, come il ministro liberal Boris Nemtsov e il campione di scacchi Gari Kasparov, si sono accodati ma il loro carisma è apparso in declino.

Il clima da guerra fredda. Di fronte al popolo Internet Putin ha reagito da generale nervoso accusando gli indignati di essere al soldo di “potenze straniere” che manovrerebbero le organizzazioni per lo sviluppo della democrazia e dei diritti umani. È stato tirato in ballo l’ambasciatore Usa McFaul, accusato di aver finanziato un soggiorno americano di Navalnij, il tutto con toni da guerra fredda. Hillary Clinton l’ha presa molto male e il famoso “reset” della diffidenza concordato con Obama sembra finito in archivio. Per la Russia la terza era di Putin, che potrebbe durare due mandati cioè dodici anni, rischia di essere l’era di nuove tensioni, di nuove instabilità? Gli annunci di un gigantesco riarmo finanziato dagli idrocarburi potranno essere parole vanaglorioso ma hanno il suono della minaccia.

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