Il giudice reintegra lo scenografo punito per i lavori senza casco

Annullato il licenziamento del direttore dei tecnici del palco disposto dal Verdi dopo aver sorpreso gli operai privi di dispositivi anti-infortunistici obbligatori

Galeotto era stato un servizio fotografico, che avrebbe dovuto pubblicizzare le operazioni di costruzione e scultura, nel laboratorio del Teatro Verdi alle Noghere, delle scenografie per “Il Pipistrello”, la più celebre operetta di Strauss. Le immagini che avrebbero dovuto essere utilizzate su internet, però, avevano parlato fin troppo chiaro, mostrando chiaramente che nessuno degli addetti ai lavori indossava il caschetto e nemmeno gli altri dispositivi antinfortunistici obbligatori.

Così era scattato, dopo una lettera di contestazione, l’immediato licenziamento per Aurelio Barbato, il direttore dei tecnici del palcoscenico del Verdi, considerato un vero e proprio mago delle scenografie, che qualche anno fa era stato “strappato”, con non poche difficoltà, all’Arena di Verona e convinto a lavorare per il teatro triestino. Ora Barbato è stato riassunto. O meglio il licenziamento è stato annullato dal giudice Silvia Burelli, che nella sentenza depositata ha ordinato al Verdi di reintegrarlo immediatamente, pagandogli anche gli arretrati.

L’episodio era avvenuto il 20 maggio dello scorso anno. Quando, come si legge nella sentenza del giudice Burelli, un fotografo incaricato dalla Fondazione Teatro Verdi si era presentato ai laboratori diretti da Barbato per effettuare alcuni scatti relativi ai lavori degli allestimenti. Ma dopo qualche giorno il fotografo si era ripresentato per effettuare altri scatti: una scelta dettata dal fatto che, la prima volta, le foto avevano impietosamente ritratto il personale senza il caschetto antinfortunistico.

Una “svista” non sfuggita ai vertici del Teatro, che hanno licenziato per giusta casa il direttore del laboratorio che, a loro giudizio, avrebbe dovuto vigilare anche sulla sicurezza. Una tesi ribaltata però dal giudice Burelli, che ha accolto la tesi dell’avvocato Corrado Calacione, legale dello scenografo. Secondo il giudice il licenziamento è stato in realtà una forma di ritorsione, causata dalle tensioni diventate negli ultimi tempi particolarmente palpabili tra Barbato e la Fondazione. I rapporti, sempre secondo quanto si legge nella sentenza, erano diventati così difficili da aver portato addirittura alla cancellazione del superminimo dalla retribuzione dello scenografo. Il giudice inoltre ha osservato nella sentenza che l’addebito «risultava generico e non circostanziato». Questo perché non erano stati indicati gli lavoratori che non indossavano il caschetto antinfortunistico e nemmeno quali specifici interventi al momento dell’intervento del fotografo erano in corso. «Tale generica contestazione - rileva il giudice - non consente al ricorrente (ndr, Barbato) una compiuta difesa». Inoltre è stato osservato che lo scenografo, non possedendo una qualifica direttiva, (pur avendola ricoperta fino a quando gli è stato revocato il superminimo), non poteva di fatto avere quelle specifiche responsabilità. Da qui la decisione di annullare il licenziamento condannando la Fondazione Teatro Verdi al pagamento dei due terzi delle spese di lite. La Fondazione è stata rappresentata dall’avvocato Fabio Padovini.

Nel 2008 all’Arena di Verona Barbato era stato licenziato e poi reintegrato dal giudice per una vicenda-fotocopia. Gli era stato contestato il comportamento irriguardoso verso i colleghi ma anche il mancato rispetto delle norme di sicurezza nel montaggio delle scene di Tosca.

Riproduzione riservata © Il Piccolo