Il gay pride e l’occasione perduta

Il Comune nega piazza Unità alla manifestazione dell'8 giugno. Al contrario un sì avrebbe dimostrato "maturità e disincanto, di elaborare pensieri anche oltre le gabbie degli schieramenti, trasversali come tutti i diritti"
TEL AVIV, ISRAEL - JUNE 8: A lesbian couple hold hands during the annual Gay Pride rally, on June 8, 2007 Tel Aviv, Israel's most cosmopolitan city. Thousands of alternative lifestyle Israelis took advantage of the mild summer weather to celebrate sexual freedom amidst calls from Jewish, Muslim and Christian religious leaders to ban a similar rally in Jerusalem later this month. (Photo by David Silverman/Getty Images)
TEL AVIV, ISRAEL - JUNE 8: A lesbian couple hold hands during the annual Gay Pride rally, on June 8, 2007 Tel Aviv, Israel's most cosmopolitan city. Thousands of alternative lifestyle Israelis took advantage of the mild summer weather to celebrate sexual freedom amidst calls from Jewish, Muslim and Christian religious leaders to ban a similar rally in Jerusalem later this month. (Photo by David Silverman/Getty Images)

In piazza Unità sventola l'arcobaleno

L’altro giorno un lettore, Fabrizio, ci ha scritto. Così: «Di certo non sono gay, di certo non sono di sinistra. Ma che fastidio possono dare? Puzzano? Sporcano? Imbrattano? Importunano la popolazione? Mamma mia, che pochezza, caro sindaco. E alla prossima occasione si dimentichi pure il mio voto».

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Un’opinione, come tante o diversa da tante, ma che va dritta al punto: l’Amministrazione comunale di Trieste nega piazza Unità d’Italia al Gay Pride perché (parola di assessore) «contrasta con le linee programmatiche con cui siamo stati eletti».

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Concedere un luogo simbolo a chi manifesta contro chi ancora discrimina, per l’esercizio del diritto più sentito nella vita di uomini e donne (amare) significa rompere il contratto con gli elettori, col rischio di perdere consenso.

Il Comune nega al Gay Pride la festa finale in piazza Unità
Udine 10 Giugno 2017. Gay Prade. © Foto Petrussi - Diego Petrussi


Gettare nei cassonetti le coperte di un clochard e vantarsene urbi et orbi si vede che invece no: non è in contrasto con gli indirizzi politici della giunta, visto che dopo mesi il vice sindaco resta in sella e pure rimbrotta l’Università, che anche se con qualche patema il Gay Pride persino lo patrocina.

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Questione di coerenza: con ciò che si crede non i cittadini, ma solo i propri elettori chiedano.

E invece l’arte faticosa del governo di una comunità sta nel saperla rappresentare tutta: nel fare sintesi e non compromesso timoroso e perbenista dei bisogni come dei sentimenti; nell’assumersi la responsabilità: anche di un gesto simbolico, di distensione e non di esclusione e separazione.

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Era una bella occasione per Trieste di dimostrare maturità e disincanto, di elaborare pensieri anche oltre le gabbie degli schieramenti, trasversali come tutti i diritti. O anche solo di porsi domande semplici, come fa il lettore Fabrizio.

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Lasorte Trieste 17/05/15 - Piazza Unità, Giornata contro l'Omofobia


P.s.: fossimo in chi organizza il Pride, dirotteremmo su Porto Vecchio. Lì posto ce n’è e anche il mare, si è un po’ defilati ma non si disturba nessuno: neppure un cantiere, posto che di aperti ancora non se ne vedono. Ma da qui a giugno c’è tempo, certo.
 

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