Il docu-film di Rumiz sulla Grande guerra stasera al Teatro Verdi

«Era quasi una sfida impossibile, ma sono le sfide impossibili a dare un senso alla vita», così Paolo Rumiz ricorda il momento in cui accettò la proposta di “Repubblica” di realizzare in pochi mesi un film-racconto sui luoghi della Grande guerra con la regia e le immagini di Alessandro Scillitani, già in felice tandem nel genere docu-film per “L’albero tra le trincee”. I due hanno attraversato Ucraina, Polonia, Serbia, Bosnia, Ungheria, Turchia, Francia, Inghilterra, Austria, Germania penetrando nelle complesse vicende politiche e umane del primo conflitto mondiale che hanno scoperto essere in continua fibrillazione con i problemi di oggi, a partire proprio dall’Ucraina, dove stava cominciando la rivolta poi deflagrata. Da quel viaggio appassionato, quasi tutto in “treno lento”, «straordinariamente ricco di sorprese ed emozioni, di incontri fortuiti che ci hanno aperto incredibili storie» come dice Scillitani, sono nati i 10 dvd “Paolo Rumiz racconta la Grande guerra” che escono in abbinamento alla “Repubblica” e che stasera alle 20.45 al Teatro Verdi i due autori racconteranno al pubblico triestino, proiettando spezzoni da quattro filmati, a partire proprio dal primo, l’assassinio di Francesco Ferdinando a Sarajevo, politicamente l’accendino della tragedia bellica che sfaldò l’Europa e tutta un’epoca. Per continuare con i campi della Galizia, dove andarono per primi, molto riottosi, a combattere i triestini. Per spostarsi poi sull’Isonzo, teatro delle più drammatiche battaglie, «ma un luogo riletto attraverso anche le guerre degli altri - dice Rumiz -, il che ci dimostra quanto difficile fu quella guerra». Alla fine si vedrà un filmato aggiunto alla serie, «un viaggio - racconta ancora il giornalista e scrittore - sulle tombe del fronte orientale, dove sono molto ben conservati tanti piccoli cimiteri militari. Abbiamo acceso lì un numero sterminato di lumini. Che ancora m’illuminano dentro».
A intervistare Paolo Rumiz e Alessandro Scillitani sul palcoscenico del “Verdi” (l’ingresso è libero, fino a esaurimento dei posti) sarà il direttore del Piccolo, Paolo Possamai, dopo gli interventi introduttivi del sindaco Roberto Cosolini e dell’assessore alla Cultura Franco Miracco. «Dire di no a questa proposta - prosegue Rumiz - l’avrei sentita come una diserzione di noi europei 100 anni dopo, ma in Ucraina abbiamo capito che l’opera avrebbe marciato. Che saremmo riusciti a dare alla rievocazione un colore di riflessione sull’Europa di oggi».
«Per me, emiliano - confessa il regista Scillitani -, la prima guerra mondiale è un fatto estraneo alla memoria collettiva, imbevuta invece di seconda guerra, ma lavorare col “triestino” Paolo Rumiz è stato folgorante. Mi ha cambiato la prospettiva su questa guerra “ignorata”. Io non credo nel destino - aggiunge il regista -, ma molte cose ci sono nate davanti. L’Ucraina: c’era il vagito della rivolta, ecco il cortocircuito che ci ha fatto capire come i fatti della prima Guerra mondiale segnano tuttora i malesseri, le ferite, le difficoltà che gli europei hanno a vivere in coesione. Ma siamo rimasti tante volte emozionati: Ypres, dove tutti i giorni si tiene la cerimonia del “Silenzio”. Il luogo dove si è ipoteticamente svolta una “tregua di Natale”, e c’è una croce, e i ragazzini lasciano andare il proprio pallone. Il campo, nella foresta di Verdun, dove un uomo ci ha portato a vedere che ancora oggi non cresce l’erba, ci sono sotterrati rifiuti chimici del ’15-’18. E l’artista inglese incontrato per caso? Ci ha raccontato del nonno soldato, musicista, proprio dalla musica salvato».
Poco prima, alle 19, al Bar Verdi, i volontari del Museo ferroviario in attesa della presentazione del “reportage” raccoglieranno le adesioni alla petizione “Salviamo la Transalpina”, che è stata sottoscritta dal presidente nazionale del Touring club italiano, Franco Iseppi.
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