I supermercati di Trieste sfidano i diktat regionali

TRIESTE. Serrande abbassate nel giorno di Ognissanti. È il primo effetto della legge regionale sul commercio voluta dal vicepresidente Sergio Bolzonello e approvata ad aprile. Ma Trieste non ci sta. I gruppi Bosco e Zazzeron dichiarano guerra e annunciano la volontà di tenere aperti alcuni punti vendita. Altri stanno valutando la possibilità. E Confcommercio Trieste, in rotta quindi con la linea dell’associazione regionale, sposa la loro battaglia, sollecitando il Comune a fare pressing sulla Regione affinchè conceda a Trieste lo status di città turistica. Un riconoscimento che garantirebbe al capoluogo la derogare dai vincoli della norma e la possibilità di applicare la liberalizzazione totale del commercio sul proprio territorio, senza limiti di giornate e orari.
Come noto, in attesa della decisione della Consulta a cui la Regione ha fatto appello dopo l’impugnazione della legge da parte del governo, in assenza di eventuali sospensive, negozi e supermercati dovrebbero rispettare il calendario delle chiusure festive.
Calendario che, oltre al primo novembre, impone lo stop anche nelle giornate del 1° gennaio, Pasqua, Pasquetta, 25 aprile, 1° maggio, 2 giugno, 15 agosto, 25 e 26 dicembre. Nella grande distribuzione, peraltro, più di qualcuno ha già deciso spontaneamente di chiudere a Natale, Pasqua e 1° Maggio. Sono le altre date a creare più malumore. Tra i commercianti c’è inoltre il timore che queste prime restrizioni volute dalla Regione facciano da apripista all’imposizione di alcune chiusure domenicali. Per il primo scoglio, quello di Ognissanti, a valutare la possibilità di tenere aperto, oltre a Bosco e Zazzeron, sono anche i centri commerciali Torri d'Europa e Il Giulia.
I dirigenti stanno meditando sul da farsi confrontandosi con i gestori dei singoli punti vendita. Freetime, il centro commerciale di Muggia, ha invece già annunciato che non lavorerà, come pure Coop Allenaza 3.0. Per chi non rispetta la chiusure sono previste multe salate. «Le sanzioni in caso di violazioni vanno da 6 a 36 mila euro in proporzione alla metratura della superficie commerciale del negozio», ricorda Confcommercio. Una “mazzata” pensata proprio per scoraggiare eventuali disobbedienti.
Le uniche deroghe ammesse riguardano farmacie, rivendite di generi di monopolio, esercizi interni alle strutture ricettive, quelli situati nelle aree di servizio lungo autostrade, nelle stazioni ferroviarie e marittime, i negozi di mobili e di articoli di arredamento e i punti vendita la cui offerta è costituita per lo più da libri. Potranno tenere aperto anche fioristi, distributori di carburante e gli esercizi commerciali che vendono autoveicoli in occasione di campagne dimostrative promosse direttamente dalle aziende produttrici. Aperti ovviamente i pubblici esercizi.
Lunedì scorso, Confcommercio nella sua sede triestina di via Mazzini ha riunito negozianti e direttori dei centri commerciali. La maggior parte si è detta contraria alle chiusure obbligatorie e concorde sulla necessità di concedere a Trieste lo status di città turistica. Un titolo, a detta degli operatori del settore, più che giustificato anche alla luce dell’accresciuto “appeal” del territorio, confermato dai dati resi noti martedì proprio da Bolzonello: + 15,3% di presenze straniere e +5,8% dei pernottamenti italiani nel periodo da gennaio a settembre 2016. Senza contare che Trieste, a differenza di altre località come Grado, Lignano o Tarvisio, grazie al suo patrimonio artistico e culturale, richiama turisti tutto l’anno e non solo durante l’estate o l'inverno.
«Siamo per la libera concorrenza e per la libertà delle aperture - afferma il presidente di Confcommercio Trieste, Antonio Paoletti - ed è ovvio che la contrarietà alla decisone della Regione arrivi con forza da Trieste, perché la nostra città, a differenza di altre realtà regionali, da anni vive una costante crescita del turismo. Far chiudere i negozi arreca un danno enorme. Le dieci giornate di chiusura per legge ormai ci sono, - valuta Paoletti - e andrebbero rispettate. Attendiamo di vedere come si pronuncia la Corte Costituzionale. In questo momento opporsi prevede un iter piuttosto lungo: la soluzione più rapida ed efficace è quella di ottenere il riconoscimento di città turistica».
Una raccomandazione che però, come detto, imprenditori come Bosco e Zazzeron hanno già scelto di non seguire, lanciando ufficialmente la sfida alla Regione nella speranza, probabilmente, di essere poi imitati a ruota da altri “colleghi” del Fvg.
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